Le foto e l'incredibile storia della "tata fotografa" in mostra allo spazio Forma Meravigli
Dall'invisibilità alla fama, purtroppo post-mortem: la storia di Vivian Maier, che Baricco ha definito giustamente "troppo bella per essere vera", è ormai nota ai più, e non solo agli appassionati di fotografia. Perché c'è qualcosa che smuove corde comuni ai più in questa vicenda davvero incredibile: una donna comune, un lavoro comune, una vita comune, una passione come ce l'hanno tanti, quella per la fotografia. Una passione quasi nascosta, rimasta chiusa dentro un box e su pellicole spesso mai neanche sviluppate. |
La mostra, a cura di Anne Morin e Alessandra Mauro, è realizzata in collaborazione con diChroma Photography e promossa da Forma Meravigli, un’iniziativa di Fondazione Forma per la Fotografia in collaborazione con la Camera di Commercio di Milano e Contrasto.
Raccoglie 120 fotografie in bianco e nero realizzate tra gli anni Cinquanta e Sessanta insieme a una selezione di immagini a colori scattate negli anni Settanta, oltre ad alcuni filmati in super 8 che mostrano come Vivian Maier si avvicinasse ai suoi soggetti: un percorso in grado di stupire il visitatore, a cui impone un vero e proprio sguardo sulle cose, che è precisamente il suo e che include un filtro naif sul mondo, mutuato dalla curiosità e dall'attrazione per la vita al suo stato puro. Lo si vede da certe pose, dagli sguardi carpiti al volo dei passanti, dai soggetti più disparati. Un bambino che piange disperato, un'infilata di distinti signori sul tram intenti a leggere il giornale, il dettaglio di due mani che non sanno stare se non l'una nell'altra. Umanità e non solo, città, New York e Chicago, per l'esattezza ovvero le città dove ha vissuto: un fluire di vita, di luci e ombre, le stesse che animavano probabilmente l'anima (non solo) artistica di questa figura inedita che possiamo sbirciare qua e là in quelli che sono veri e proprio selfie ante litteram, e in cui compare in tutta la sua imponente presenza, con quella postura a braccia allargate tipica del modo in cui teneva la Rolleiflex. La si vede in un'ombra, in un gioco di specchi, riflessa dentro una vetrina: obbediente in maniera a tratta inquietante all'imperativo dello scatto, uno scatto che sembra aver valore in se stesso, in quanto puro atto e non per la conseguenza impressa a stampa sulla carta che ne viene.
Fotografie da cui emana una grande bellezza, un patrimonio straordinario che possiamo ammirare per un puro caso del destino, un percorso di raro fascino per chiunque ci si approcci.
Vivian Maier. Una fotografa ritrovata
Dal 20 novembre al 31 gennaio 2016
#VivianMaierMilano
www.formafoto.it