Acquistate dal Comune, erano pronte nel 2006. Dopo mesi di collaudi tre mesi fa le prime consegne, eppure mancano ancora i requisiti di abitabilità.

Le altre tre (le torri A, B e C rispettivamente ai civici 5, 3 e 1, sul lato ovest) le ha acquistate il Comune di Milano: 16 piani per ognuna di esse, 70 alloggi per edificio variamente dimensionati, quasi 210 in totale. 102 di questi sono in edilizia sociale (ERP) e sono destinati a categorie a rischio (sfrattati, disabili, famiglie a reddito minimo) e altri 105 a canone calmierato nell'ambito del Piano operativo regionale (POR).
Guarda i video: Ascensori Barriere architettoniche Box Infiltrazioni Quadro elettrico Al contrario di quelle vendute ai privati, queste abitazioni di problemi ne hanno parecchi.
Hanno iniziato a dimorarvi persone con disabilità motoria, anziani, famiglie con bambini piccoli, cittadini sotto sfratto i quali, aprendo la porta di casa di quei primi alloggi, consegnati alla fine dello scorso luglio, dopo anni di attesa pensavano di vedere finalmente conclusa la propria odissea abitativa. Si erano anche incatenati di fronte a Palazzo Marino lo scorso 23 luglio. La protesta iniziativa, ripresa da vari organi di informazione, forse aveva contribuito ad accelerare i tempi (oltre che a evidenziare l'estemporaneità dell'azione pubblica).
Infatti, nei giorni seguenti, il Comune rompeva gli indugi e l'Assessore alla Casa, Gianni Verga, dopo continui rimandi, proclamava gloriosamente la firma dei primi contratti e dichiarava “Abbiamo mantenuto le promesse ... e nei prossimi giorni verranno sottoscritti altri contratti. La prolungata attesa è stata provocata dai lavori di messa in sicurezza degli impianti”, e chiudeva augurando ai nuovi locatari un buon inizio nelle nuove abitazioni.
Fino a quel momento i ritardi, prima di vedere “agibili” i 200 e rotti appartamenti di via Don Beniamino, erano dovuti –si diceva– alle necessarie verifiche e ai collaudi con cui il Comune ha inteso accertarsi della qualità del proprio acquisto e garantire la sicurezza dei cittadini. Ebbene, successivamente sono entrati i primi inquilini. Persone, come detto, in condizioni esistenziali ed economiche spasso difficili, a cui il Comune di Milano ha voluto in qualche modo rispondere, finendo però, in questa come in tante altre situazioni, per creare nuovi difficoltà a chi il disagio lo conosceva già molto bene.
Il gas che non arriva ai “piani alti”, dove una famiglia è costretta a comprare piatti pronti o a imbandire la propria tavola fredda mentre l'inverno è alle porte. Locali di servizio che non rispettano le misure necessarie per i portatori di disabilità motoria –categoria cui pure è stato specificamente destinato l'alloggio– e ai quali, con ogni mancanza di buon senso, sono stati assegnati alloggi dall'ottavo piano in su. Gli stessi inquilini, quelli che possono almeno, dovranno farsi carico dei costi di adeguamento dei servizi, gli altri si arrangeranno. Tubature interne che una volta entrate a regime rivelano già in più punti perdite d'acqua che provocano infiltrazioni anche nei piani inferiori. E poi le cantine, che hanno subito primi tentativi di furto, e che al minimo scroscio si allagano. Un sistema di scolo che non funziona e inonda la zona di ingresso degli stabili. Inquietanti infiltrazioni che si estendono nei sotterranei portandosi pericolosamente nei pressi dei quadri elettrici.
Ascolta l'intervista a Carmela Rozza, consigliere comunale dell'Ulivo E poi il problema più grande, che fa percepire ogni giorno la precarietà della nuova soluzione: ascensori nevrotici, che funzionano a intermittenza, rendono l'accesso e l'uscita di casa un'incognita quotidiana e rischiano di trasformarsi ogni giorno in una trappola dalla quale non si sa come liberarsi.
Dal Comune hanno fatto sapere che è vietato utilizzarli per i traslochi, sottintendendo che la causa del malfunzionamento è da addebitarsi all'uso improprio degli impianti. Ma come fa un nuovo arrivato a portare le sue cose nella nuova casa? Se ci fosse, potrebbe utilizzare il montacarichi, previsto dal progetto di costruzione (testimonianza ne è il fatto che le tre torri di rimpetto, vendute a privati ne sono forniti). Ma perché quelli venduti al Comune ne sono privi? Forse il padrone di casa ha voluto risparmiare. Certo, si tagliano gli sprechi, ma qui si tratta di palazzi di 16 piani, dove il costo per il noleggio delle piattaforme aeree diventa improponibile per famiglie monoreddito e che pagano dai 100 ai 500 euro d'affitto. “Ho dovuto fare undici volte le scale, quattordici piani con i mobili in spalla”, ci dice orgoglioso Antonio, padre di famiglia e inquilino della Torre A, mentre sua moglie finisce di passare lo straccio sul pianerottolo, “il Comune ha incaricato una persona, per tutto il complesso, che si deve occupare della pulizia di tutti gli spazi comuni e della pattumiera”.
Insomma, una situazione in cui l'incapacità della gestione rasenta i limiti dell'assurdo ed evidenzia tutta la serie di insufficienze, tecniche, politiche e strategiche, dell'attuale amministrazione (ascolta l'intervista a Carmela Rozza).
Sì, perché al cittadino che, per mancanza di tempo o per assuefazione, non ha la voglia o la capacità empatica di immedesimarsi situazione delle persone coinvolte, non sfuggirà il seguente ragionamento: il Comune ha acquistato con soldi pubblici degli alloggi per risolvere le situazioni critiche di alcuni suoi cittadini. Dopodiché ha impiegato più di un anno per effettuare i collaudi e rendere operativo il suo investimento. Quando ha assegnato i primi appartamenti, gli stessi si sono rivelati inadeguati. Ora dovrà intervenire per rimediare alla propria inefficienza e a un risparmio (vedi montacarichi) che produrrà ulteriori spese. Se le responsabilità non sono sue, dovrà rivalersi sulla ditta costruttrice e sulla sua garanzia assicurativa –e comunque per le verifiche si sono impiegati mesi su mesi–. Nel caso, i funzionari pubblici e i tecnici dovranno spendere altro tempo e nuove risorse per farsi valere. Il tutto per rispondere a un disagio di una situazione che, moltiplicata per i tantissimi casi, e non solo relativi all'edilizia popolare, diventa emblematica di una gestione a dir poco farraginosa, inoculata e comunque inefficiente.
Intanto, in via don Beniamino dell Torre, nuovi inquilini, nuove famiglie (una sessantina in totale per l'ERP e altri 74 per il POR), entreranno a scaglioni in quella che sarà la loro nuova casa. Forse, stavolta, meno sicuri che la personale odissea si sia davvero conclusa.
Fabio Davite