Il racconto di una visita "guidata" al mercato ittico più grande d'Italia, per capire da dove viene il pesce che mangiamo
| A casa, o al ristorante, tra la moda dei "sushi all you can eat" e gli allerta dell'ultimo periodo sulla sindrome sgombroide, una certezza e una domanda: la prima è che il consumo di pescato è fortemente aumentato, la seconda, legittima e doverosa, è "da dove arriva il pesce che mangiamo?". Proviamo a dare una risposta, parziale ma utile a sapere qualcosa in più rispetto a quello che (forse) già sappiamo. Lo scorso 27 settembre un gruppo di persone appartenenti ad alcuni enti tra cui Slow Food Milano, Istituto per gli Studi sul Mare, Greenpeace gruppo locale Milano e Sharklab Malta hanno visitato previa autorizzazione il Mercato Ittico di Milano, sito in via Lombroso. Lo spunto della visita è stato dato dal procedere del progetto Blue Food Green Future, cui partecipano, oltre ai suddetti, anche WWF, Verdeacqua ONLUS e AIRG Associazione Italiana Ristoratori Giapponesi: il progetto è nato nel 2015 a monte di un'Expo che ambiva a discutere globalmente di come "nutrire il piantea" e focalizza la sua attenzione sulle risorse alimentari legate alla pesca e all’acquacoltura, sui metodi di prelievo, sui consumi e come il nostro rapporto di consumatori di cibi provenienti dal pianeta oceano possa e debba cambiare per garantire un futuro sostenibile a queste risorse sempre più minacciate e fondamentali per tutto il genere umano. |
"Ho iniziato a fare questo lavoro nel 1986, e se all'inizio la percentuale di pesce nazionale era dell'80% a fronte di un 20% importato, ora a distanza di trent'anni il rapporto si è praticamente invertito" racconta Malandra. In questo Mercato arriva il pescato legale proveniente dai mari mediterranei, in piccola percentuale, mentre tutto il resto viene dall’Oceano Atlantico e da altre parti del Pianeta. Il perché è semplice da intuire: il consumo di pesce è aumentato a dismisura, parallelamente all’impoverimento delle risorse nazionali, il che rende necessaria una massiccia importazione dagli Oceani, e non solo. E' emblematico ad esempio il caso della Spagna, che mantenendo regole rigide di rispetto della propria biodiversità marina, riesce addirittura ad esportare in Italia, soprattutto pesce spada, che sul mercato italiano è oggetto di una richiesta continua a differenza di altri paesi europei in cui viene consumato molto poco.
Come è visibile anche dalla gallery fotografica e come sottolinea Roberto di Lernia, portavoce del gruppo milanese di Greenpeace, mentre procediamo nella visita "risulta pure evidente come la taglia stessa di questi pesci si sia significativamente ridotta negli ultimi dieci anni. Anche i Pesci spada originano dalla pesca atlantica spagnola e sono di taglia decisamente maggiore rispetto agli esemplari del nostro meridione. Il Tonno rosso è scarsamente frequente, mentre un po' più presente è il Tonno Pinnagialla. Per quanto ridotti nella taglia media rispetto a una decina di anni fà', diversi sono gli esemplari di Mako che si possono osservare. Molti sono già sezionati a fette e congelati. Per il resto Dentici, Orate, Ombrine, Triglie non mancano, ma anche in questo caso sono prevalentemente d’origine Atlantica".
Uno dei problemi che risultano evidenti dalla visita al Mercato è legato alle misure del pesce pescato: in altri paesi europei la legislazione sulle misure del pesce sono molto più restrittive, mentre in Italia anche sulle specie per cui esistono delle misure di protezione, queste sono comunque troppo piccole. Al Mercato non è difficile notare la differenza di taglia tra le sogliole olandesi e quelle italiane, tanto per fare un esempio.
La nota positiva è che oggi sulle bolle di accompagnamento ci sono comunque molte informazioni, sebbene ad esempio l'Italia non abbia il tag come il pesce straniero, ovvero lo strumento che consente di collegare il pescato al certificato.
Per chi se lo chiedesse, il Mercato Ittico comunale, che è un mercato pubblico con un veterinario pubblico, rifornisce pescivendoli e ristoranti, mentre la grande distribuzione ha le proprie piattaforme e spesso si appoggia alle cooperative, che non hanno come accade qui operatori qualificati ed esperti di controllo qualitativo a controllare che tutto si svolga regolarmente, comprese le analisi chico-fisiche che vengono fatte sul pescato.
La visita continua, tra il racconto delle frequenti frodi che si verificano sfruttando l'ignoranza dei consumatori (vedi il caso dei polpi indopacifici venduti come moscardini in virtù della piccola pezzatura), la spiegazione del perchè il pesce allevato italiano costi di più rispetto all'allevato estero (ovvero perché costa di più allevarlo rispetto a quello ad esempio della Grecia dove si hanno situazioni ambientali più favorevoli), e piccole montagne di molluschi e crostacei, rappresentative del volume di pescato che transita quotidianamente nella struttura comunale.