I rappresentanti dei Comitati dei pendolari a confronto con l’AD di Trenitalia che scarica le responsabilità sulla Regione e sugli utenti che ci mettono troppo tempo a salire e scendere dalle vetture

Vale per i pendolari di tutta Italia, in rappresentanza dei quali venerdì 8 febbraio si sono riuniti alla Camera del lavoro di Milano i portavoce di diversi comitati.
All’Assemblea nazionale dei pendolari promossa da Legambiente, oltre agli Assessori ai Trasporti di alcune regioni italiane era presente l’Amministratore Delegato di Trenitalia Mauro Moretti.
Sono 500 i pendolari che ogni giorno circloano sui 1.920 km ferroviari del nostro territorio (250 mila solo quelli che gravitano attorno a Milano).
409 stazioni, 1.770 vetture, 3 gestori (Trenitalia, LeNord e Tilo). La musica è sempre la stessa. Treni sovraffollati, sporchi, freddi d’inverno e caldi d’estate; e, soprattutto, mai puntuali.
Gli ultimi dati arrivano da un monitoraggio di Legambiente su arrivi e partenze di treni transitanti nelle stazioni di Cadorna, Porta Garibaldi e Centrale. Su 444 vetture, ben 173 portavano un ritardo compreso tra i 5 minuti e l’ora e mezza.
“ Uno dei motivi per cui c’è scarsa puntualità nelle ore di punta è il grande affollamento” Spiega Mauro Moretti, ( ascolta l'intervista)“La gente per salire sul treno ci mette due minuti. Se il tempo previsto per la fermata è di un minuto e si moltiplica il minuto aggiuntivo per ogni fermata, risulta evidente l’inevitabilità dei ritardi”.
D’altra parte vetture che hanno un’età media di 28 anni e migliaia di chilometri di percorrenza alle spalle non possono garantire un sistema di trasporto efficiente.
Se ci fossero più treni, e se fossero più nuovi, forse, il disagio dei pendolari verrebbe arginato.
Ma per questo naturalmente servono importanti investimenti, che, proprio come i treni, non arrivano mai.
Con l’entrata in vigore della riforma Bassanini, dal 2000 le Regioni sono subentrate allo Stato nel ruolo di interlocutori con i gestori del servizio ferroviario.
Tra Regioni e gestori viene stipulato un Contratto di Servizio, che prevede, a fronte di un corrispettivo economico, l’erogazione di un quantitativo di treni per chilometro quadrato e il rispetto di alcuni indici di qualità (pulizia, informazione, puntualità).
La Lombardia ha in essere tre contratti; con Trenitalia (188 milioni di euro di cui 16.6 di risorse regionali) con LeNord (65 milioni di cui 3.7 di risorse regionali) e con
Ferrovienord per la gestione della rete (78 milioni di cui 3 regionali).
Le casse regionali inoltre, dovrebbero integrare le risorse finanziarie erogate dal Governo, che ogni anno vengono tagliate a favore di investimenti pubblici nazionali (strade, autostrade, linee ad alta velocità).
La Regione, che pure negli ultimi 6 anni ha investito 733 milioni nell’acquisto di materiale rotabile, destina al servizio ferroviario pendolare appena lo 0,62% del suo bilancio complessivo. Ad allargare il gap tra risorse disponibili e risorse indispensabili all’ammodernamento del sistema interviene il nuovo metodo di calcolo dei corrispettivi di Trenitalia, che comporta significativi maggiori costi per le Regioni.
Nel continuo gioco di rimpalli di responsabilità tra Governo, Regioni ed enti gestori, come al solito a rimetterci sono i pendolari di tutta Italia, che ormai giunti ai limiti dell’esasperazione si sono riuniti venerdì scorso alla Camera del lavoro di Milano.
“Prima di investire in autostrade e Tav, bisogna garantire i servizi ai cittadini sui treni locali” lamentano unanimamente i comitati dei pendolari.
“Saremmo anche disposti a pagare di più il biglietto se i treni fossero puntuali. Siamo stufi di viaggiare su carri bestiame!” denuncia Antonio, che ogni giorno deve fare i conti con il calvario Busto Arsizio-Milano.
Finanziamenti e numero di corse, d’altra parte, dovrebbero correre sugli stessi binari: all’aumento dei primi, dovrebbe accopagnarsi una crescita del secondo.
Se le Regioni adottassero una politica lungimirante, incrementerebbero le tariffe, ricavandone liquidità da destinare al trasporto su rotaie.
La tendenza sembra invece quella di una sensibile diminuzione dei convogli disponibili e a lievitare, insieme all’insofferenza dei pendolari, sono solo i prezzi dei biglietti.
Giulia Cusumano