Si tratta dei fondamenti della teoria "ipodermica della comunicazione", conosciuta anche bullett theory.
Elementare, ma efficacissima, tecnica di comunicazione (e distrazione) di massa elaborata negli anni '30 del XX secolo e mai passata di moda. Anzi, oggi probabilemte più penetrante che mai grazie alla capillarità e velocità di una comunicazione che ci raggiunge ovunque e continuamente, abbattendo la distinzione tra sfera pubblica e privata, tra prossimità virtuale e vicinanza fisica.
Dalla teoria alla prassi e dai fatti alla realtà costruita il passo è assai breve e ne abbiamo avuto un saggio fino a pochi giorni fa in quello che è se è dubbio sia stato un successo economico e di contenuti, è stato un capolavoro della bullett theory: l'Expo e le sue code.
Dalle code ad un presunto terzo risorgimento c'è tutto lo storytelling dello spirito dei tempi.
Lo folla in attesa di varcare le soglie di un padiglione qualsiasi è il paragrafo di un racconto più ampio nel quale però non può esserci alcuno spazio per gli altri pezzi di realtà che sono dissonanti dal frame, come il destino dell'area dalla quale si stanno smontando i padiglioni e per i quali l'unica certezza, al momento, sono i debiti fatti da Comune di Milano e Regione per acquistarla. Oppure il saldo reale tra costi dell'operazione Expo e benefici economici effettivi.
La narrazione, si sa, è frutto dell'esclusiva volontà creatrice dell'autore. Nel caso di Expo lo è diventata anche la realtà.