L'analisi dei dati raccolti dal Naga tra 2009 e 2013 sugli immigrati irregolari parla di un drammatico calo dell'occupazione
La crisi avanza anziché retrocedere e i suoi effetti si fanno sentire a più livelli: parlano chiaro i dati divulgati stamani dal Rapporto Naga 2014 sui "cittadini senza diritti", ovvero gli immigrati irregolari che non hanno accesso neanche all'assistenza sanitaria. Un lavoro di raccolta prezioso, quello del Naga, l'associazione che dal 1987 promuove e tutela i diritti di tutti i cittadini stranieri e garantisce assistenza sanitaria, legale e sociale gratuita grazie a oltre 300 volontari. |
Tanto per far capire l'entità del servizio prestato si può dire che in media 344 immigrati alla settimana ricevono una visita medica presso il Naga, il che equivale a circa 69 persone visitate ogni giorno.
"L'analisi dei dati raccolti permette di fare una fotografia della composizione dell'immigrazione irregolare o di dare una lettura diversa dell'immaginario comune su quali siano gli effetti della cisti economica" dicono i ricercatori Simone Cremaschi(European University Institute), Carlo Devillanova (Università Bocconi), Francesco Fasani (Queen Mary University London) e Tommaso Frattini (Università degli studi di Mialno), che hanno curato la ricerca.
Le tre principali novità segnate dal Rapporto 2014 sono la riduzione delle prime visite, la riduzione dell'occupazione e il peggioramento della condizione abitativa.
"Complessivamente si rilevano lunghe permanenze, altissimi tassi di istruzione, ma un drammatico calo dell'occupazione e un aumento della marginalità. La crisi ha avuto effetti pesantissimi: la percentuale di occupati sugli attivi nel campione Naga è passata dal 63% nel 2008 al 36% del 2013; la riduzione è stata di oltre 30 punti percentuali per la componente femminile. Contestualmente, la percentuale di coloro che percepisce come relativamente stabile il proprio lavoro (occupazione permanente) è passata dal 52% del 2008 a meno del 25% del 2013. Al crollo degli occupati relativamente stabili, corrisponde un aumento dell'occupazione saltuaria (dal 47% del 2008 a circa il 69% del 2013) e degli ambulanti", affermano i ricercatori.
Sulla questione occupazione uno degli aspetti che è bene rilevare riguarda l'istruzione: oltre il 9% delle persone visitate per la prima volta nel 2013 ha conseguito un titolo universitario o almeno, ha frequentato l’università per qualche anno, il 39% riporta un livello d’istruzione assimilabile alle scuole superiori italiane e il 31% alle medie. L’area d’immigrazione con il livello d’istruzione medio più elevato è l’America Latina, con 56% di individui aventi un’istruzione superiore o universitaria e la minore percentuale di popolazione avente solo istruzione elementare o nessuna istruzione (13%); l'Est Europa è invece l’area con la più alta percentuale di persone aventi un’istruzione universitaria (12%). "Il crollo dell'occupazione a seguito della crisi economica è stato più forte tra i migranti provenienti da Paesi europei e tra quelli con un'istruzione universitaria. Mentre in Italia la quasi totalità dei migranti occupati svolge lavori non qualificati, nel Paese di origine molti erano impiegati in occupazioni con elevato livello di specializzazione" proseguono i ricercatori.
Del resto il crollo occupazionale a partire dal 2008 è osservabile anche per il segmento regolare del mercato del lavoro, sia per gli italiani che per i cittadini stranieri. I dati della Rilevazione sulle Forze di Lavoro Istat (RFL-Istat) confermano un marcato peggioramento nella situazione occupazionale degli immigrati regolari, per i quali la percentuale di occupati si riduce di circa 8,8 punti percentuali fra il 2008 ed il 2013, passando dal 91,5% all’83%.
E' inoltre sensibilmente peggiorata la condizione abitativa del campione, con un preoccupante aumento dei senza fissa dimora, la cui percentuale raddoppia dal 9% del 2009 al 18% nel 2013. Nello stesso periodo, la percentuale delle persone in affitto passa dall’85% a quasi l’80%. Tra il 2009 e il 2013 si è anche assistito ad una consistente diminuzione del numero di donne che vive presso il datore di lavoro (dal 12% al 4%) e un corrispettivo aumento di quelle che vivono senza fissa dimora (dal 7% al 13%). Il numero di uomini con una situazione abitativa stabile è invece diminuito costantemente nei 5 anni, con la percentuale di coloro che vivono in affitto diminuita dall’85% nel 2009 al 78% nel 2013. Il gruppo degli uomini senza dimora è quasi raddoppiato nei cinque anni, passando dal 9,3% al 18,2% nel 2013.
"I risultati dello studio suggeriscono l'urgenza di appropriati interventi pubblici e un ripensamento generale della legislazione sull'immigrazione slegando il permesso di soggiorno dal contratto di lavoro" concludono i ricercatori.
"Da quasi trent'anni incontriamo ogni giorno cittadini stranieri e siamo stati, da sempre, colpiti dalla carica progettuale delle loro storie, della spinta verso il futuro dei loro racconti, nonostante le difficoltà del quotidiano e nonostante una normativa insensata e criminalizzante che crea irregolarità. Invece, per la prima volta quest'anno, presentiamo un rapporto dove raccontiamo una realtà recessiva" afferma Luca Cusani presidente del Naga. "Siamo però orgogliosi di poter restituire una fotografia inedita della realtà dell'immigrazione irregolare: una popolazione che sente più fortemente di tutti gli altri i morsi della crisi, che non 'ruba' il lavoro agli italiani, ma che anzi lo perde più facilmente, che scivola senza rumore nell'indigenza e spesso nella vita di strada, che sempre più spesso, infine, decide di abbandonare il Paese", prosegue il presidente del Naga. "I dati e le testimonianze dei cittadini stranieri raccontano che stanno tutti peggio, o meglio, che stiamo tutti peggio", conclude Cusani.
A.Pozzi