Commesse cubiste e commessi “Ken”: va in onda lo show dello shopping

A Milano più che la suina sembra impazzare la febbre da Abercrombie, ultima frontiera della moda giovanile made in U.S.A.
L’apertura del primo punto vendita italiano ha scatenato le curiosità di mezza città. Ragazzine e studenti universitari, casalinghe e professionisti, donne in carriera e padri di famiglia. La pandemia è trasversale e multigenerazionale e si misura dalla coda che, dall’orario di apertura a quello di chiusura, bisogna sorbirsi per entrare.
Già prima di entrare nel “tempio” di 3000 mq, chi è in coda -è previsto un “limbo” di almeno 15 minuti- viene avvolto, o meglio martellato, dalla musica sparata a tutto volume e dall’inebriante, si fa per dire, profumo targato Abercrombie.
Varcato l’uscio il papabile acquirente viene accolto dal clone di Ken e dall’erede di Lara Croft versione “carne ed ossa”: ragazzine da una parte, papà dall’altra, possono farsi fotografare con le “divinità” del “tempio”.
Di Ken e Lare Croft ne è pieno il negozio. Belli, tonici, muscolosi, indossano camicie scozzesi, che fa molto rivisitazione di “Sette spose per sette fratelli”. Dicono sia sexy così.
Sono modelli e modelle, selezionati tramite provino, imballati ed importati dall’America insieme a camicie, sciarpe e tshirt. Beh, forse qualcuno sarà anche nato al Corvetto, ma loro si rivolgono al cliente in inglese. Il Made in U.S.A. è un marchio di fabbrica. Fa parte del gioco.
Le Lare Croft si dimenano manco fossero sul cubo dell’Hollywood. I Ken lanciano sguardi ammiccanti alle giovani acquirenti ben felici di godersi lo spettacolo di bicipiti e pettorali e tartarughe addominali. E lo shopping si trasfigura in un’esperienza da discoteca.
I vestiti passano in secondo piano da Abercrombie. L’ambiente è talmente buio che si fatica a distinguere il colore della merce. Poco importa, anche perché ormai è il marketing esperienziale a dettare le regole del consumo nell’epoca senza certezze.
E a proposito di certezze: ne avranno qualcuna gli “dèi” che animano il negozio più glamour del momento? Avranno qualche garanzia sul mantenimento del posto di lavoro qualora ciccia e brufoli venissero ad intaccare l’unica virtù in base alla quale sono stati scelti per ripiegare magliette e camicie? E in quel caso potranno fare ricorso per licenziamento discriminatorio?
Giulia Cusumano