L’impegno del Comune per frenare le slot machines è un percorso ad ostacoli

È questo il succo del problema che blocca, a Palazzo Marino, la votazione di una mozione urgente per il contrasto al gioco d'azzardo. Un testo bipartisan, che è stato preparato da un gruppo di lavoro congiunto tra maggioranza e opposizione (Lepore e Bastoni della Lega, Giungi e Pantaleo del Pd, Strada di Milano Civica) sulla base di altre mozioni già redatte da entrambe le parti.
Dopo settimane di audizioni di esperti del settore, e nei giorni in cui l'assessore alle Politiche sociali Pierfrancesco Majorino ha dato appuntamento alle associazioni per il primo incontro della rete “No slot”, i consiglieri si sono però dovuti fermare davanti ad una serie di ostacoli di tipo giuridico, relativi alle reali possibilità d'azione di Palazzo Marino.
Dal punto di vista della giurisprudenza, in effetti, quasi tutti gli impegni proposti hanno un punto debole. Difficilmente si potrebbe inserire nel regolamento edilizio il divieto di aprire sale scommesse in edifici che ospitano anche residenze civili, perché, in linea di principio, non si possono porre vincoli all'apertura di un qualsiasi esercizio commerciale. Sempre per lo stesso motivo, difficilmente si potrebbe impedire di rinnovare un contratto di locazione per le sale scommesse in immobili di proprietà del Comune o di Aler, ed altrettanto difficoltoso sarebbe convincere gli amministratori di condominio ad azioni di questo tipo, anche se in qualche caso, come in via Marghera, i condomini sono riusciti a far chiudere la sala alle otto di sera.
Allo stesso modo il Comune non ha il potere di introdurre restrizioni per l'installazione delle 'macchinette' in locali e bar, tema regolato dalla legge nazionale, né può chiedere alla Questura una “particolare attenzione” nell'autorizzare queste attività, dato che ovviamente la stessa Polizia non può andare oltre al controllo dei requisiti richiesti. Da ultimo, potrebbe risultare discriminante, nei confronti dei gestori delle slot, introdurre meccanismi di premialità (come sgravi fiscali, o la possibilità di allargare i propri dehors) per quei locali che rinunciano alle macchinette. Sempre perché proporre il gioco d'azzardo è un'attività commerciale come un'altra.
Propositi, questi, che andranno in gran parte rivisti. Anche per evitare, come ha avvertito il consigliere Comotti, che l'istituzione faccia una figuraccia non riuscendo a far applicare la norma.
Cosa, invece, si può fare? Al di là della richiesta di una nuova legge nazionale -come si è già fatto nel Manifesto dei sindaci contro il gioco d'azzardo- si può mettere in campo una vera rete di prevenzione attraverso campagne di sensibilizzazione nelle scuole, e una rete più capillare di ascolto e prima ricezione del problema nelle zone, dato che finora solo in tre circoscrizioni sono stati aperti sportelli d'ascolto contro il gioco. Quanto al controllo delle sale scommesse, i consiglieri di Pdl e Lega hanno proposto di istituire squadre della Polizia Locale che abbiano questo come compito specifico.
Ovviamente, accanto alla prevenzione il piano legislativo resta fondamentale. Anche Palazzo Marino potrebbe sostenere l'elaborazione della legge regionale contro il gioco d'azzardo, di cui si discute proprio in questi giorni. Nel testo una delle misure principali potrebbe essere l'obbligo, come avviene per i distributori di sigarette, di 'identificarsi' tramite tessera sanitaria ogni volta che si inizia a giocare alle slot machines.
Leggi e norme che dovranno essere, per così dire, inattaccabili, per evitare di dover far fronte all'ennesimo ricorso.
C. U.