È trascorso un anno dall’assegnazione a Milano dell’Esposizione universale del 2015: 365 giorni di liti e rinvii

Se fosse un cantante sarebbe il Vasco di “Ormai è tardi” e “C’è chi dice no”.
Se fosse il titolo di un film sarebbe “Déjà-vu- Corsa Contro il tempo”.
L'Affaire Expo sta diventando un vero e proprio monolito piazzato stabilmente sulle prime pagine dei quotidiani locali. Se ne sta lì, tutto attorcigliato su titoli cubitali, discusso, rigirato, riproposto, aggiornato, ritrattato.
Se non fosse per il carattere prettamente affaristico e non sociale, l’ Affaire Expo sarebbe considerato nel linguaggio giornalistico alla stregua di una vera e propria “emergenza”.
Emergenza, perché ad un anno dalla vittoria parigina, l’evento che dovrebbe consegnare a Milano lo scettro di capitale dello sviluppo tecnologico e sostenibile non conosce ancora una cabina di regia stabile né una seria calendarizzazione delle opere da avviare.
Emergenza, perchè se di parole se ne sono dette fin troppe, sono i “non-fatti” ad aver creato un vuoto quasi assordante.