E’ l’affascinante obiettivo di [im]possible living, un progetto di crowdsourcing per aiutare la collettività a riportare in vita edifici abbandonati

Un concetto nuovo e molto interessante, quello della riattivazione, da non confondersi con quello di riqualificazione: ma andiamo per ordine.
La mappatura degli edifici richiede il contributo di tutti, attraverso una piattaforma che è alla portata di tutti ed è basata sul semplice meccanismo delle segnalazioni degli utenti, i quali possono utilizzare il sito oppure l’apposita app per iPhone (quella per Android è ancora in fase di sviluppo): una foto, indicazioni geografiche, qualche informazione, e l’edificio in questione va ad inserirsi nel catalogo, che si aggiusta, si integra e si corregge man mano che i contributors inviano i dati da loro raccolti.
E’ possibile o impossibile vivere in questo mondo? Il titolo del progetto è una domanda e nel contempo una speranza, e il senso che ne scaturisce gioca su questo labile confine. Dalla speranza al tentativo, per i due fondatori della piattaforma, il passo è stato breve: “Ci siamo resi conto in fretta che tanti gruppi lavoravano a progetti di mappatura e/o di riqualificazione di spazi abbandonati, ma mancava un network che mettesse insieme gli sforzi di tutti” spiega Andrea.
Un’idea necessaria, in un paese che conta una quantità inestimabile di metri cubi inutilizzati (solo a Milano sono oltre 3 milioni e mezzo, censiti): riutilizzare l’esistente, dunque, e farlo tenendo conto dell’innovazione tecnologica e attraverso il coinvolgimento dei cittadini.
“La cosa che mi ha più colpito all’inizio è che tra la nostra idea del progetto e la nascita di un sito web sono passate poche ore, mentre nel mondo dell’architettura prima che tu possa vedere realizzato qualcosa che hai pensato passano anni” racconta Daniela.
Ma la mappatura collettiva è solo l’inizio: c’è poi tutta la seconda fase, quella che corrisponde più o meno al concetto di "riattivazione".
“Abbiamo capito che non era possibile fare tutto noi in prima persona, ma che era indispensabile il contributo della collettività: da qui l’idea di fornire i servizi minimi per far sì che i diretti interessati (singoli cittadini, associazioni, studi privati e via dicendo) potessero partire subito con la riattivazione.
"Una delle cose fondamentali è che non parliamo di riqualificazione architettonica complessiva, ma di cercare in qualsiasi modo di riattivare il processo su quell’edificio" continua Daniela. Insomma farlo tornare a vivere, in qualsiasi modo e anche solo per un breve periodo di tempo, in modo che possa ricordare che esiste, che è uno spazio presente e ancora ricco di potenziale.
Un esempio pratico? Durante i giorni del Salone del Mobile 2011 [im]possible living ha riattivato la Casa degli artisti di Brera in Corso Garibaldi 89, illuminandola con la potenza di mille flash (qui trovate il video dell'evento): un modo per sensibilizzare la cittadinanza (e chi ha la base economica per poter operare architettonicamente sull'edificio) sul fatto che in quel dato posto c’è un edificio abbandonato che deve essere riqualificato. Pochi giorni fa invece, nel contesto del Fuori Salone 2013, si è svolto [re]vive, un happening di quattro giorni che ha trasformato l'edificio inutilizzato della Ex Fornace sul Naviglio in uno spazio di produzione culturale e innovazione, attraverso performance artistiche, concerti, tavole rotonde, conferenze e tutto quanto può stare dentro una "fabbrica di cultura". "Il processo che stiamo studiando per [im]possible living è proprio quello che abbiamo operato sulla Ex Fornace: trovare un edificio abbandonato, studiare con la proprietà o con chi deve gestirlo cosa può essere in futuro, creare una sorta di call mondiale sulla base di ciò in cui lo si vuole trasformare. Poi le idee vengono inserite sulla piattaforma e pian piano si collezionano, poi vengono valutate dai gestori o proprietari, e si procede” conclude Daniela. L'invito è chiaro per tutti: come recita lo slogan del progetto, rethink the abandoned world.
A.Pozzi
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