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QUASI SEI MILIONI DI STRANIERI, BOOM DI NUOVI CITTADINI

5/12/2017

 
Stabilizzazione e regolarizzazione, le tendenze dei prossimi vent'anni: ecco l'analisi del XXIII Rapporto Ismu sulle migrazioni
Foto
Cinque milioni e 958mila: è il numero di stranieri (regolari e non) che vivono in Italia al primo gennaio 2017. L'aumento rispetto all'anno precedente è di 87mila unità (+1,5%) e l'incremento è dovuto soprattutto alla componente irregolare (+56mila), che registra una lieve ripresa: al 1° gennaio 2017 non sono in possesso di un valido titolo di soggiorno 491mila stranieri (contro i 435mila alla stessa data dell’anno precedente). L’incidenza degli irregolari sul totale della popolazione straniera presente è quindi dell'8,2%. Sono solo alcuni dei dati che emergono dal XXIII rapporto della Fondazione Ismu sulle migrazioni, presentato stamani martedì 5 dicembre presso il Centro congressi Cariplo.
Per quanto riguarda le provenienze, il rapporto Ismu conferma il primato dei rumeni, che, con quasi un milione e 169mila residenti, rappresentano il 23,2% del totale, cui seguono circa 450mila albanesi (8,9%) e 420mila marocchini (8,3%). Uno dei dati più importanti della "fotografia" realizzata da Ismu è la crescita delle acquisizioni di cittadinanza: nel corso del 2016 si contano ben 202mila nuovi italiani (in 4 casi su 10 si tratta di minori).
"Per quanto riguarda gli arrivi, i dati quantitativi sulla presenza straniera in Italia non sembrano mettere in luce dinamiche e prospettive preoccupanti - sottolinea il rapporto -. Infatti anche se gli sbarchi sulle coste italiane sono passati da 63mila del 2011 a 181mila del 2016 (mentre nel 2017, al 4 dicembre, se ne contano oltre 117mila), non siamo di fronte a un’invasione".
L’Italia nel 2015 (ultimo anno disponibile in cui è possibile un confronto internazionale secondo Eurostat) risultava al primo posto per numero di cittadinanze concesse (178mila), seguita dal Regno Unito con 118mila, Spagna e Francia con 114mila, Germania con 110mila, Svezia con 49mila, Belgio e Paesi Bassi con 27-28mila.  "C'è da credere che nel 2016, con le 202mila acquisizioni di cui si è detto, il primato italiano nell'UE sia andato ulteriormente consolidandosi. In ogni modo dal 2013 in Italia le concessioni di cittadinanza sono fortemente aumentate - spiega il rapporto -: un trend in controtendenza nell’area dell’Unione Europea in cui invece stanno diminuendo. Il forte aumento del numero di nuove cittadinanze continuerà a verificarsi anche nei prossimi anni. Pur senza modifiche nell'attuale impianto normativo, ISMU prevede che nel triennio 2017-2019 ci saranno 620mila nuove acquisizioni di cittadinanza, e che complessivamente nell'intero decennio 2017-2026 i neocittadini saranno poco più di due milioni. Di fatto se nei prossimi dieci anni la popolazione straniera non raggiungerà i sei milioni di presenze, ciò sarà dovuto proprio alle acquisizioni di cittadinanza che faranno da “calmiere” della crescita".

MINORI SOLI NON ACCOMPAGNATI (MNSA)

Un altro tema importante affrontato durante la mattinata riguarda i minori soli, segnalati alle autorità e che risultano presenti e censiti nelle strutture di accoglienza italiana rilevati dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali: i dati evidenziano un aumento nel triennio 2014-2017; al 31 dicembre del 2015 erano presenti 12mila minori non accompagnati, a fine 2016 oltre 17mila e al 31 ottobre di quest’anno si contavano 18.479 giovani ospitati presso famiglie e strutture di accoglienza su tutto il territorio nazionale, di cui il 43,5% nella sola Sicilia, principale regione di sbarco. Di questi 17.210 sono maschi (93,1%) e 1.269 femmine (6,9%). Il 93% (17.186 MSNA) ha un’età compresa tra i 15 e i 17 anni, mentre solo lo 0,6% ha un’età compresa tra gli 0-6 anni. Com'è ovvio il tema dei minori accompagnati è connesso con quello dei servizi e dell'assistenza sociale. Nel 2016 per i minori stranieri non accompagnati sono stati circa 10mila i servizi di tutela psico-socio sanitaria forniti, cioè in media quattro per beneficiario. Rispetto alla problematica più generale della salute mentale, il rapporto sottolinea come "la lentezza delle procedure di riconoscimento del titolo di protezione (mediamente oltre due anni) porta a un disagio sociale che può trasformarsi in vera e propria sofferenza mentale. Infatti l'Organizzazione mondiale della sanità fa notare che i problemi di salute mentale risultano maggiori tra i richiedenti asilo rispetto alle altre categorie di immigrati. Tra i fattori che aumentano il grado di vulnerabilità: il genere (femminile), l'età (non essere più giovani), l'assenza di sostegno sociale. Per quanto riguarda nello specifico l'Italia, il Sistema di Protezione per Richiedenti Asilo e Rifugiati (Sprar) offre servizi anche per coloro che hanno problemi di salute mentale sia adulti sia minorenni. Nel 2016 per i minori stranieri non accompagnati sono stati circa 10mila i servizi di tutela psico-socio sanitaria forniti, cioè in media quattro per beneficiario. Mentre per i progetti Sprar che hanno come utenti migranti con problemi di salute mentale, i beneficiari accolti complessivamente sono stati 442 (1,3% del totale dei beneficiari presenti nel sistema Sprar), prevalentemente uomini (77%), poi donne (23%), e minori (9,5%). Gli utenti di questa tipologia di progetti Sprar provengono soprattutto da Nigeria (29%), Pakistan (12%) e Gambia (10%)".
 
SCUOLA
Nell'anno scolastico 2015/2016, gli alunni stranieri in Italia hanno raggiunto 814.851 unità (+643 unità rispetto all'anno scolastico precedente), pari al 9,2% del totale della popolazione scolastica, un gruppo a “crescita zero”, che non ha subito significativi incrementi negli ultimi anni. Tuttavia nell'ultimo decennio le presenze si sono più che raddoppiate, in valori assoluti e in incidenza percentuale, passando da 431mila alunni stranieri nell'anno scolastico 2004/05 (pari al 5% circa della popolazione scolastica complessiva) ai quasi 815mila del 2015/16. Ciò non significa necessariamente che la popolazione stranieri in età scolare stia diminuendo (sono infatti 34mila i nuovi entrati nel sistema scolastico nel 2015) ed è necessario guardare anche ai minori che attualmente stanno fuori dal sistema di istruzione: si pensi a coloro che non frequentano le scuole dell’infanzia, coloro che si disperdono, così come ai minori non accompagnati che incontrano ostacoli di vari tipi nell’accesso all’istruzione.
La crescita ridotta è dovuta anche al forte aumento di acquisizioni di cittadinanza italiana (nel 2015 il 40% dei neocittadini era rappresentato da giovani fino ai 19 anni).
La scuola primaria - spiega il rapporto - accoglie da sempre il maggior numero di iscritti con cittadinanza non italiana (297.285), seguita dalla secondaria di secondo grado (187.525), dalle scuole dell'infanzia (166.428) e dalle scuole secondarie di primo grado (163.613).
Nell'anno scolastico 2015/16 i rumeni sono sempre i più numerosi (157.806), seguiti dagli albanesi (111.029) e dai marocchini (102.179).
Gli stranieri nati in Italia nel nostro paese costituiscono la maggioranza degli alunni stranieri (già a partire dal 2013/14) e rappresentano un gruppo che continua a crescere. Nell'anno scolastico 2015/16 rappresentano il 58,7% (478.522) degli alunni con cittadinanza non italiana.
La Lombardia si conferma come sempre la prima regione per maggior numero di alunni stranieri con quasi 204mila presenze, seguita da Emilia Romagna e Veneto (oltre 90mila alunni stranieri), Lazio e Piemonte (oltre 70mila). A livello provinciale per l'anno scolastico 2015/16 la graduatoria vede ancora la provincia di Milano al primo posto (80mila studenti stranieri), seguita dalla provincia di Roma (oltre 60mila), di Torino (quasi 38mila) e di Brescia (oltre 32mila). Se si considera l'incidenza, ad aprire la classifica sono le cittadine di Prato (23,2 ogni 100 alunni) e Piacenza (21,3).
Nell'anno scolastico 2015/16 sono il 5,3% le scuole con il 30% e oltre di alunni stranieri (+0,2% rispetto all'anno scolastico precedente). Il 74,4% delle scuole italiane si caratterizza per una percentuale inferiore al 30%. Inoltre esiste un 20,1% di istituti in cui questi alunni non sono presenti. Si segnala inoltre che, fra le principali aree metropolitane, Bologna presenta la percentuale maggiore (ovvero il 14% circa) di scuole con il 30% e oltre di alunni stranieri.
Scelgono soprattutto gli istituti tecnici. Gli stranieri sono una componente stabile degli iscritti degli istituti tecnici (37,1% nel 2015/16) e dei professionali (35,9%), la loro presenza tuttavia è di molto aumentata nei licei (27%).
Anche se il ritardo scolastico nell'ultimo decennio si è ridotto significativamente, nell'anno accademico 2015/16 gli alunni stranieri in ritardo sono ancora il 32,9% (contro il 10,6% degli italiani). La percentuale di chi abbandona precocemente gli studi (Early school leavers) tra gli stranieri è ancora di molto superiore ai nativi (circa tripla): nel 2016 in Italia fra gli autoctoni vi sono l'11,9% di ESL, dato che sale al 32,8% fra gli stranieri.
In Italia poi il rapporto segnala nel 2016 la presenza di un 10% di Neet (giovani non presenti né nel sistema formativo né nel mondo del lavoro) tra i 15-17enni stranieri e di un 15% tra i 15-19enni, dati che indicano una mancata inclusione di una quota ampia di giovani stranieri nel sistema formativo e professionale.

LAVORO
Riguardo al tema del lavoro, il rapporto evidenzia come nel 2016 i disoccupati stranieri sono 437mila, di cui 212mila maschi e 225mila femmine. Il dato appare in diminuzione rispetto al 2015, quando si contavano 456mila disoccupati e al 2014 (466mila). Alla contrazione del numero di stranieri disoccupati si aggiunge, peraltro, una significativa riduzione dei cassaintegrati e dei fruitori di disoccupazione ordinaria e di indennità di mobilità. Anche il tasso di disoccupazione nel 2016 è in diminuzione (15,4% contro 16,2% del 2015), ma rimane comunque molto alto rispetto ai livelli pre-crisi (nel 2008 era l'8,5%). "Il quadro, pur mostrando segnali positivi, non deve dunque portare ad abbassare la guardia - si legge nella sintesi del rapporto -. Basti pensare che se confrontiamo il volume dei disoccupati con quello registrato nel 2008 (anno dell'inizio della crisi), possiamo constatare come il loro numero sia quasi triplicato (passando da 157mila a 437mila) e quello degli uomini cresciuto addirittura del 236%. La presenza di un significativo stock di disoccupati stranieri sembra costituire un aspetto ormai strutturale del mercato del lavoro italiano ed è visibile soprattutto nelle regioni settentrionali del Paese (nel Nord Ovest e nel Nord Est gli immigrati rappresentano quasi un terzo della disoccupazione complessiva)".
Una particolare attenzione - sottolinea Ismu - merita il fenomeno dell'inattività. Nel 2016 sono 1 milione e 181mila gli stranieri inattivi in età lavorativa (ovvero tra i 15 e i 64 anni). Di questi il 72% per cento è costituito da donne. Questo dato, sostanzialmente stabile negli ultimi 12 mesi (nel 2015 gli stranieri inattivi in età attiva erano 1 milione e 175mila), ha conosciuto un'espansione nel tempo: i 467mila inattivi registrati nel 2005 sono divenuti 673mila nel primo anno della crisi e poi 942mila nel 2011, fino a superare un milione nel 2013. Ritornando al fenomeno dell'inattività femminile si fa notare che esso colpisce, in particolare, le immigrate meno istruite, esattamente come avviene per le donne italiane. Il fenomeno poi si accentua in maniera preoccupante in alcune comunità nazionali fino a raggiungere il 92,9% tra le pakistane, l'82,8% tra le donne del Bangladesh, l'82,3% tra le egiziane, il 76,8% tra le indiane, il 69,1% tra le marocchine, il 76,6% tra le tunisine. Ma la cosa più preoccupante è che il fenomeno dell'inattività investe anche le donne più giovani: tra le 15-24enni la componente inattiva (ovvero volontariamente esclusa dal mercato del lavoro, non perché disoccupata) è per le immigrate oltre il doppio di quella registrata tra le coetanee italiane.
Dalla vigilia della crisi ad oggi l'aumento dell'occupazione straniera (di poco inferiore al milione) è risultato quasi equivalente alla diminuzione di quella degli italiani. Un risultato che dipende dai volumi della popolazione attiva e in età attiva, rispettivamente italiana e immigrata, più che dalle performance occupazionali differenziali dei due gruppi. In ogni modo nonostante la straordinaria crescita quantitativa, poco è mutato nella qualità del lavoro immigrato, che resta in netta prevalenza di tipo dipendente (86,6% degli stranieri occupati rispetto al 74,8% degli italiani) e operaio (76,6% rispetto al 30,7% degli italiani). Il profilo impiegatizio, che è quello modale tra gli italiani (35,9%), copre solo l'8,6% degli occupati stranieri. Quadri e dirigenti non arrivano neppure all'1%. Tra i lavoratori autonomi (che complessivamente rappresentano l'11,9% degli occupati stranieri), la grande maggioranza (oltre l'80%) è costituita da lavoratori in proprio, mentre solo il 2,5% (ovvero lo 0,3% degli stranieri occupati) è imprenditore.
I giovani stranieri tra i 15 e i 24 anni, rispetto ai coetanei italiani, mostrano una più precoce transizione al mercato del lavoro. Se consideriamo poi l'incidenza degli occupati sulle forze lavoro e l'incidenza dei disoccupati, i giovani stranieri non sembrano essere colpiti da una condizione di svantaggio. Anzi, gli stranieri maschi 25-34enni risultano addirittura decisamente meno soggetti al rischio di disoccupazione rispetto ai coetanei autoctoni. Un'attenzione particolare va però rivolta ai giovani e giovani-adulti che non sono impegnati né nello studio, né nel lavoro, né nella formazione professionale (NEET): tra di loro, in tutti i paesi europei, infatti i ragazzi con un background migratorio sono ampiamente sovra-rappresentati, un fenomeno che addirittura si accentua nel caso italiano.

A.P.

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