Dal 2 al 7 maggio sul palco del Teatro della Cooperativa va in scena il mondo del lavoro a 360°
“Un intero periodo storico sta per tramontare: quello in cui il lavoro umano era alla fonte di ogni ricchezza. In gestazione da anni la terza rivoluzione industriale è cominciata” (André Gorzt) “Piccola Società Disoccupata” è il secondo spettacolo di Beppe Rosso sul mondo del lavoro contemporaneo. Questa volta è il conflitto generazionale a essere al centro dell’allestimento, quel disagio che intercorre tra giovani e anziani nell’affrontare l’attuale trasformazione dell'uomo in rapporto al lavoro. Tre attori di diversa generazione formano una “piccola società disoccupata” interpretando vari ruoli in un gioco cinico ed esilarante; sono personaggi che si dibattono in una lotta senza esclusione di colpi per conservare o trovare lavoro, una lotta del “tutti contro tutti”, in cui non mancano slanci d’amore, ingenuità e momenti di grande illusione. E’ un mondo dove è evidente la fragilità individuale che di volta in volta si trasforma in astuzia o in follia solitaria. Astuzia e follia che sono anche strategie di sopravvivenza in una commedia contemporanea dove ogni scena apparentemente reale attraverso lo humour e il paradosso viene portata a estreme conseguenze tragicomiche. |
Rémi De Vos, autore francese, tra i maggiori degli ultimi decenni, acclamato da pubblico e critica in patria, ma ancora pressoché sconosciuto in Italia, ci fa entrare nel dramma con un linguaggio imprevedibile e incalzante che scarta qualsiasi deriva retorica e rivela l’assurdo “indecifrabile” che stiamo attraversando.
Una Piccola Società Disoccupata che riflette sul passato e sul futuro, su cosa avviene in una società centrata sul lavoro quando il lavoro viene a mancare. Dove porterà questa nuova rivoluzione: condurrà alla società della disoccupazione o a quella del tempo libero? Evidenti le diverse considerazioni e risposte che le generazioni ancora attive ne danno ed evidente è il conflitto strisciante che le contrappone. Immersi dentro un mondo in cui tutto è mercato, un vortice di mutazione sociale e antropologica sempre più veloce, dominato da formule matematiche, statistiche e ricerche di mercato.
Il teatro, mestiere antico e lento, può tentare di fermare un attimo questo vortice e riportare al centro l’uomo, le sue paure, le contraddizioni, le fragilità e i paradossi che incontra sulla strada del lavoro, trasformando la complessità del momento in puro gioco teatrale.