Al via il progetto del Comune. “Non è assistenzialismo”, chiariscono gli operatori. Ma non tutti si integreranno

Tappa obbligata, per quelle che accettano il percorso proposto, per poi essere assistite dal Terzo settore nell'inserimento lavorativo ed abitativo.
A inizio agosto le prime 90 persone sono state trasferite nel nuovo “Centro di emergenza temporanea” di via Lombroso, costruito a pochi passi dal campo abusivo di via Dione Cassio, sgomberato in primavera.
“Il trasferimento nel centro è stata una scelta che le famiglie Rom hanno visto come un'opportunità di migliorare la propria condizione”, anche se “per alcuni invece viene vista solamente in ottica di opportunismo” spiega Valerio Pedroni dei Padri Somaschi, specializzati da anni nell'assistenza di bassa soglia, che si sono aggiudicati l'appalto per la gestione del centro insieme al consorzio Farsi prossimo della Caritas e alla Casa della carità. Per questo, continua Pedroni, il primo lavoro è quello conoscitivo. “Noi non convinciamo nessuno”, chiarisce. Si tratta piuttosto di vedere se la famiglia seguita è disposta ad un reale percorso di integrazione. L'esempio classico è quello della proposta di una borsa lavoro: se non la si accetta, non si mostra certo la volontà di integrarsi.
Poi, certamente, c'è l'attività di assistenza. Gli operatori verificheranno che le famiglie, abituate alle condizioni nei campi, curino adeguatamente la cucina e la pulizia, e li assisteranno nell'interfacciarsi ai servizi del territorio. Non si tratta però di assistenzialismo, tiene a sottolineare Pedroni. “Siamo entrati nel campo solo quando abbiamo ottenuto dal Comune che le famiglie preparino in autonomia i pasti, senza che questi arrivino già pronti dall'esterno”. E la ragione, spiega Pedroni, è che, anche prima di arrivare al centro di via Lombroso, ogni nucleo aveva chiaramente una propria economia famigliare, ed evidentemente, in qualche modo, un proprio reddito. Dopo i primi mesi di permanenza, infatti, agli ospiti verrà chiesto un contributo giornaliero di pochi euro per la permanenza del centro, come peraltro era già previsto anche nel piano iniziale del Comune.
Per i 13 mesi di durata dell'appalto, fino ad ottobre 2014, il Comune ha impegnato 415.000 euro. Presso il campo ci saranno cinque custodi sociali, presenti sulle 24 ore, e un'equipe socioeducativa composta da 4 educatori, 2 operatori socioassistenziali e un responsabile.
Finora, dunque, tutto avviene secondo i piani. Ma quante famiglie riusciranno davvero ad integrarsi, ovvero a raggiungere un'autonomia abitativa al di fuori del centro? In questo caso Pedroni preferisce non sbilanciarsi, anche se precisa che sicuramente non tutte le 150 persone che entrano entreranno poi nelle abitazioni. Dipende molto da gruppo a gruppo, spiega, e dalla selezione che si opera nel campo. Ma, volendo fare una previsione, la percentuale di famiglie con cui il percorso ha successo “potrebbe essere del 50%”.
Claudio Urbano