Dal progetto “Open data” nuovi servizi online offerti ai milanesi

L'idea di base è semplice. Un'istituzione come il Comune è in possesso di una grande quantità di dati statistici relativi ai cittadini e a molti aspetti del funzionamento della città. Dati che però rimangono per lo più nascosti agli utenti, essendo utilizzati solo nel “back office” delle stanze comunali. Una contraddizione, visto che, per sua natura, un'istituzione pubblica offre servizi e si interfaccia in diversi modi con la cittadinanza.
“Strumenti come questi –ha affermato il sindaco– servono per favorire la partecipazione e la democrazia”. Si tratta infatti di un aspetto della cosiddetta democrazia partecipativa, per cui il rapporto finora unidirezionale tra istituzione e cittadini-utenti si trasformerebbe via via in uno scambio sempre più alla pari, con la possibilità di interagire e di indirizzare “dal basso” la pubblica amministrazione.
Il progetto Open data è del resto solo una delle tre linee d’azione dell’Agenda digitale del Comune: per una facile accessibilità ai dati sono indispensabili innanzitutto le infrastrutture, e quindi, in particolare, una rete di hotspot wireless installata in tutta la città; è necessario quindi “pulire” i dati, uniformandoli anche dal punto di vista informatico, per renderli consultabili online a partire da un unico portale; bisogna poi, ed è la cosa più importante, aiutare anche le fasce deboli della popolazione, ovvero quelle con una bassa conoscenza del mondo digitale, a conoscere e sfruttare le nuove possibilità offerte dalla rete.
Sul piano degli investimenti, oltre ai sei milioni di euro già stanziati per la rete hotspot, il Comune sta per ora puntando esclusivamente sul personale interno, mentre ha avviato per lo scambio di know-how tecnico una collaborazione con il Consorzio per i Servizi Informativi del Piemonte, un organismo pubblico che offre già servizi basati sugli open data. Quanto ai privati, “per ora parliamo con tutti”, ha detto Mancuso, “ma finché non avremo completato la prima fase del progetto (con la pubblicazione dei primi dati) non possiamo dare la precedenza a nessuno”.
È tutto facile come sembra? In realtà anche la pubblicazione di informazioni che possono, già ora, essere rese pubbliche deve confrontarsi con sia con difficoltà di carattere tecnico sia con questioni giuridiche, oltre a presupporre una precisa strategia alla base tutto il lavoro. Ad esempio, è necessario uniformare i dati sotto l’aspetto del formato digitale, per poter collegare tra loro le varie banche dati; oppure, ci si può chiedere se sia opportuna una prima elaborazione statistica dei dati stessi che ne preceda la pubblicazione. Un approccio troppo prudente che non piace alla professoressa Fiorella De Cindio, docente di informatica all’Università Statale di Milano, che già quindici anni fa ha fondato il sito della Rete civica milanese: “Già ora i cittadini rielaborano online alcuni dati relativi alla città. Perché, se il materiale è già disponibile, dobbiamo aspettare altri due mesi? Perché non possiamo pubblicare già ora una tabella, anche se è “solo” in formato Excel? Ancora adesso non sono consultabili i verbali delle Commissioni consiliari. L’approccio del Comune privilegia ancora troppo l’informatica (intendendo “i privati”, “le aziende”) rispetto ai cittadini”, lamenta la professoressa.
Anche sul valore commerciale delle informazioni c’è da riflettere: quando i dati diventeranno pubblici, secondo quale modello di business le aziende li potranno utilizzare? È giusto metterli a disposizione gratuitamente se grandi gruppi di comunicazione (ad esempio le aziende di telefonia) potrebbero trarne guadagni rilevanti?
Questi sono alcuni degli interrogativi emersi nel dibattito di mercoledì, che per la verità ha coinvolto più gli specialisti del settore che non i rappresentanti del Comune. Guido Albertini, Direttore dell’Area Sistemi Informativi e Agenda digitale, ha assicurato che l’Amministrazione ha in mente una strategia precisa, ma ha anche affermato che ulteriori particolari non verranno comunicati se non al termine della prima fase del progetto, ovvero quando i primi dati saranno effettivamente resi pubblici.
Stiamo parlando, è vero, di un mondo digitale, dal quale forse la qualità della vita e dei servizi per i cittadini dipendono in solo minima parte. Se però lo “svelamento” delle informazioni servirà realmente alla trasparenza e soprattutto alla partecipazione, allora anche questo sarà un passo significativo.
Claudio Urbano