Storia di una famiglia che da anni chiede di sentirsi a casa

Chiedono di pagare il giusto canone d'affitto - anche se calcolato con i rincari della Legge 27 - secondo un regolare contratto di locazione, di non sentirsi più abusivi, di non vedersi comunicare ogni anno il sollecito di sgombero da parte della proprietà. “Entro il 30 gennaio 2009”, riporta l'ultima lettera arrivata con l'anno nuovo.
Abusivi poi… In che senso? Il canone lo pagano già, da sempre; il massimo che la proprietà potrebbe richiedere loro: l'ultimo bollettino trimestrale era di 2.600 euro, 850 al mese, spese condominiali escluse. In che senso abusivi, allora? Forse perché nove anni fa, tra il 1997 e il 2000, dopo tre figli e tre anni di convivenza con la famiglia di lui passati ad aspettare un'assegnazione che non arrivava, senza altre alternative e in una situazione ormai claustrofobica, Marta e Roberto decisero di entrare, “senza averne il diritto”, in uno dei numerosi appartamenti Aler lasciati inspiegabilmente liberi? Da allora, nonostante le puntuali richieste di regolarizzazione, sono considerati abusivi: non aventi diritto, appunto.
Da allora si rinnova di continuo l'inquietudine di come andrà a finire, se dovranno smobilitare e quali improbabili alternative dovranno vagliare. Il Sunia (il Sindacato degli inquilini), che si fa portavoce e assiste anche Marta e Roberto nei labirinti burocratici, conferma di aver ottenuto dall'Aler il rinvio dello sgombero che questa volta sembrava ormai inevitabile, in attesa di capire se sarà accettata la verifica sulla domanda presentata sotto “stato di bisogno”.
La vicenda di Marta e Roberto non è peraltro un caso raro a Milano e ripropone la necessità di intervenire in modo forte e dirimente sulla questione abusivi. Da un lato, com'è noto, il problema è legato a situazioni di manifesta illegalità, a Milano in modo particolare; in molti caseggiati si configura come ricettacolo di una malvivenza che non si capisce per quale ragione sembra godere sempre di un forma tolleranza, salvo rientrare in quota a chi con quella malvivenza deve convivere tutti i giorni. Tanto che sono gli stessi inquilini, quelli che si prendono cura del proprio intorno (un intorno pubblico, di tutti), a porre il problema degli abusivi. A Quarto Oggiaro come in Barona questa è una priorità, insieme agli altri problemi della sicurezza, cui bisogna rispondere se si vuole davvero emancipare dal degrado i quartieri popolari. Dall'altro lato, c'è l'altra faccia dell'abusivismo, quella di Marta e Roberto. Che non è neanche tale e che nasce da situazioni di difficoltà reale in cui l'assenza di una risposta pubblica si è rivelata doppiamente esasperante e tale da condurre a una forzatura delle regole seguita da un immediato desiderio di ripristino. Questi casi, magari annosi, non possono essere trattati evidentemente a suon di minacce di sgombero e reclamano una strategia di riassorbimento. È evidente, non discernere significa consegnare la decisione pubblica a un legalismo ipocrita o a un condonismo compiacente. Come entrare allora nel merito del problema degli abusivi? “Come più volte ribadito, chiediamo al Comune di Milano -dichiara Carmela Rozza, Consigliera comunale del Pd- che si assuma seriamente quello che ora è diventata una sua prerogativa, e attraverso i suoi organi, prima in Consiglio e poi attraverso la Giunta, si proponga di stabilire criteri giusti, su base reddituale, e procedure trasparenti, che prevedano il coinvolgimento di Questura e Prefettura, affinché ogni caso di abusivismo sia analizzato alla luce di quelle informazioni, evitando soluzioni semplicistiche, che si rivelerebbero in ogni caso inique e inefficaci”.
Marta e Roberto vorrebbero avere ciò che è giusto. I loro sei bambini vivono come se ce l'avessero.
Fabio Davite