Proseguono i lavori del Comitato di vigilanza sulle infiltrazioni mafiose istituito dall’opposizione di Palazzo Marino

A due mesi dalla nascita e a quattro dall’”infanticidio” della neonata Commissione Antimafia per mano della maggioranza, il Comitato ha elaborato una prima mappa di inadempienze dell’amministrazione nel contrasto alla criminalità organizzata.
Primo peccato originale: la non applicazione del "Patto sulla sicurezza e la regolarità nei rapporti di lavoro" sottoscritto dal Comune nel dicembre scorso con i sindacati e Assimpredil, in modo particolare riguardo l’”obbligo per il soggetto attuatore di acquisire la certificazione antimafia per tutte le imprese (appaltatori e subappaltatori) operanti in cantiere” e la “clausula risolutiva espressa in forma di informativa supplementare atipica”.
Cavillo, questo, che consentirebbe la rescissione del contratto da parte del Comune in presenza di sospetti rapporti tra imprese e criminalità organizzata.
Secondo ingranaggio inceppato: il casellario informatico.
Il fatto che il registro dei precedenti storici delle imprese appaltanti non sia collegato né alla Camera di Commercio né alla banca dati della Prefettura, né sia consultabile dalle imprese stesse e dagli operatori privati, costituisce un evidente limite in termini trasparenza e controllo.
Pochi i controlli, secondo l’opposizione, anche proprio là dove si insidia forse più che in ogni altro comparto economico milanese l’attività criminale: lo scavo e il movimento terra. Servizi gestiti essenzialmente tramite subappalti e nolo a caldo (fornitura di un bene e del personale addetto al suo impiego) e che necessitano autorizzazioni da parte del Comune solo quando il valore della prestazione supera i 150 mila euro i primi e 100 mila i secondi.
L’opposizione accusa apertamente Palazzo Marino non solo di sottovalutare il rischio criminalità organizzata nella catena degli appalti, ma anche di non essere in grado di assicurare un coordinamento tra i funzionari del Comune impiegati nelle direzioni coinvolte (infrastrutture, parcheggi, urbanistica) capace di rendere organica e completa l’informazione sui lavori pubblici in corso. “Dovrebbe essere il Sindaco stesso a rivestire un ruolo di supervisore –sostiene Pierfrancesco Majorino, capogruppo del Pd- ma l’impressione è che il Primo cittadino continui a voltare la faccia da un’altra parte”.
Perfino Formigoni sembra aver superato una visione tanto miope. La Regione ha avviato quest’estate il “Comitato per la legalità”, un organismo chiamato a vigilare sulle infiltrazioni della criminalità negli appalti della Lombardia formato dagli ex giudici Giusepppe Grechi e Salvatore Boemi, dal generale Mario Mori e dal colonnello Giuseppe Di Donno, già esperti in trattative con la mafia.
Stimolo alla collaborazione per l’opposizione, ulteriore alibi per la maggioranza di palazzo Marino per lasciare ad altri l’increscioso compito di conoscere più da vicino il fenomeno criminale che intacca alla radice una grossa fetta dell’economia milanese.
Giulia Cusumano