Le analisi sulle ricadute economiche di Expo tracciano un quadro assai meno roseo rispetto alle fanfare degli ultimi mesi
Finito il festival mondiale delle code con annesse fanfare e con i padiglioni in fase di smontaggio, su Expo iniziano a circolare analisi un poco più meditate e indubbiamente più utili della grancassa mediatica degli ultimi mesi per capire le effettive ricadute dei sei mesi che ci siamo appena lasciati alle spalle. Si tratta di analisi che dovrebbero far riflettere poiché illuminano di una luce diversa l'Esposizione universale conclusasi una settimana fa, soprattutto perché non provengono da qualche irriducibile comitato "no expo", bensì da fonti insospettabili di qualsiasi antagonismo o sindrome nimby. |
L'analisi di Massiani ha il merito di spostare l'attenzione dal conteggio degli ingressi (punto ancora controverso sia data l'aggressiva politica promozionale condotta a colpi di supersconti sia per il progressivo abbassamento del numero di visitatori necessari per consentire il breakeven dell'intera operazione da 29 a 20 milioni) al reale impatto di Expo sull'economia.
Su questo versante le previsioni iniziali variavano, e non di poco, dai 3,5 ai 4,3 miliardi di euro di valore aggiunto e da 10 a 30 miliardi di incremento complessivo del PIL. Cifre irrealisticamente ottimistiche anche all'epoca della candidatura, ma che oggi si infrangono contro una realtà che la retorica del successo simboleggiato dalle code (ammesso che lo siano) non è sufficiente a nascondere. Nella migliore delle ipotesi il valore aggiunto sarebbe di 1,36 miliardi di euro (contanti tutti gli effetti diretti e indotti), cioè poco più di un terzo della previsione meno ottimista.
Anche l'afflusso di visitatori stranieri -cioè quelli che avrebbero dovuto produrre un maggiore apporto economico- si è rivelato ben al di sotto delle aspettative: se le previsioni erano tra il 20 e il 30% del totale, le presenze effettive sarebbero invece state del 16%, con Svizzeri e Francesi a far la parte del leone mentre le presenze asiatiche sarebbero state trascurabili (qualcuno ricorda i 2 milioni di cinesi previsti?).
Ma l'elemento forse più interessante della ricerca è la dimensione addizionale della domanda prodotta da Expo, cioè quella parte di spesa che se l'Esposizione universale non ci fosse stata non sarebbe esistita. Ebbene, solo il 50% dei visitatori stranieri e solo l'1% di quelli italiani, possono essere considerati come un vero e proprio "dono di Expo", ma questo segno più va confrontato coi i costi sostenuti per la realizzazione di Expo.
E' stato quindi un successo? Dipende. Se misuriamo Expo con il metro marketing politico è indubbio ritenere che siamo di fronte ad un'operazione pienamente riuscita. Dal punto di vista dei numeri e delle ricadute economiche si può tranquillamente affermare che si sia realizzato appena il 5% delle previsioni.
Beniamino Piantieri