E il ritardo clamoroso dei lavori nel padiglione del paese ospitante?
Non è certo un problema del BIE, ha fatto elegantemente capire Loscertales dichiarando che “Il tempo perduto si paga ora”, aggiungendo però di essere tanto per cambiare “molto ottimista”. Del resto si sa che l’ottimismo oltre ad essere il profumo della vita è una caratteristica imprescindibile per entrare a far parte del Bureau international des expositions. Dei pessimisti stracciano i curricula senza nemmeno leggerli.
E il bando per il camouflage che dovrà nascondere i cantieri ancora aperti agli occhi dei visitatori, va da sè sempre attesi a decine di milioni? Eppure, il termine francese, la lingua ufficiale del BIE, dovrebbe suggerire qualcosa a Loscertales.
E le deroghe ai collaudi dei padiglioni, sostituiti da autocertificazioni, per accelerare al massimo l’apertura degli spazi non ancora completati? È noto che i collaudi sono per i pessimisti.
E il raddoppio degli operai per cercare di salvare il salvabile e finire per tempo almeno una parte delle opere? Anche in questo caso il problema non è del BIE, che si limita ad incassare le royalties. Il conto della corsa contro il tempo, che non sarà comunque vinta dall’Expo milanese, ricadranno sulla società –al 90% pubblica– che organizza l’Esposizione che dovrà far fronte ad extracosti che alcuni insider definiscono “un botto”.
E il futuro delle aree comprate dalla Società Arexpo –completamente in mano pubblica– e per la quale non si è ancora trovato un acquirente vero, cioè un soggetto non semplicemente disposto a trasferirvisi a gratis, ma a pagarle facendo rientrare almeno dalla spesa sostenuta Comune e Regione che addirittura pensavano di guadagnarci? Il dopo Expo per definizione non riguarda il BIE. Dal 1 novembre 2015 il Bureau international des expositions sarà impegnato a contare i proventi dei diritti dell’Esposizione milanese e a portare il proprio candido ottimismo al sole di Dubai, dove si terrà l’Expo 2020.
Beniamino Piantieri