Sul futuro delle aree Expo continua ad essere sospeso il maxidebito fatto da Arexpo per acquistarle
La mini "silicon valley", il nuovo polo universitario, la sede distaccata della Triennale. Una, tutte e tre, nessuna. Il destino dell'area Expo dopo la chiusura dell'Esposizione universale continua ad essere un rebus e le soluzioni sul tavolo sono, al momento, come le promesse che da anni accompagnano la kermesse che verrà inaugurata tra poco più di due mesi: parole in corsa contro il muro della realtà. |
Allora sarà trascorso oltre un anno da quando la questione del destino delle aree e della insostenibilità dell'operazione ad esse sottesa è emersa in tutta la sua gravità. Lo scrivemmo cinque mesi fa che i 160 milioni di euro anticipati da un pool di sei banche guidate da Intesa Sanpaolo per l'acquisto dei terreni di Rho-Pero e i costi di infrastutturazione rischiavano di diventare una zavorra per le casse di Arexpo e dei suoi principali azionisti: Comune di Milano e Regione.
Ad oggi, al netto dei costi sostenuti per gli interventi sulle aree, Arexpo deve ancora ripagare la prima rata del prestito e ad aprile scadrà la seconda. Intanto si affaccia per la prima volta l'espressione "rischio abbandono". L'assenza di un compratore, infatti, non costituisce solo un gravissimo rischio finanziario, ma potrebbe preludere ad uno scenario già visto negli Expo di Siviglia e Hannover dove i siti espositivi sono oggi lande per lo più desolate preda del degrado.
Pertanto è corsa contro il tempo su due fronti: trovare un soggetto pubblico, come l'Università, o privato per rientrare dei costi sostenuti e evitare che il sito dopo Expo vada ad aggiungersi alle altre promesse non mantenute.
Ad oggi però, oltre al potenziale buco da 160 milioni, si contano solo vaghe promesse. Anche quella apparentemente più concreta -il trasferimento delle sedi universitarie di Città studi- è tutt'altro che scontata visto che sarà pur vero che il costo presunto della ristrutturazione degli edifici universitari attorno a via Celoria e via Bassini costerebbe in tutto 200 milioni, ma è altrettanto vero che la vendita in blocco delle vecchie sedi universitarie non sarebbe una pratica fulminea e la sistemazione della sede Expo a struttura universitaria comporterebbe costi non indifferenti, oltre a quelli che bisognerebbe sostenere per l'acquisto delle superfici. Senza contare che la Statale dovrebbe ricorre anch'essa a finanziamenti bancari che potrebbero incidere sull'entità dei finanziamenti ministeriali.
Il rebus continua, almeno fino a novembre. Non è detto che le banche abbiano però tutta questa pazienza.
Beniamino Piantieri