Finalmente pubblicato l'albo delle comunità religiose redatto, ma il nodo resta quello dei luoghi di culto

Anche se nelle finalità dell'albo questo elemento non viene esplicitato, avere un 'elenco' delle comunità religiose presenti in città, con tanto di statuto che ne indica la finalità prevalente di culto e una sede dove le stesse associazioni sono per così dire domiciliate, dà a Palazzo Marino la possibilità di proseguire sulla strada dell'assegnazione di luoghi di culto senza il rischio di nuove obiezioni o polemiche sulla legittimazione delle singole comunità.
Delle 35 domande pervenute, solo tre sono state escluse dall'albo, per carenze nello statuto presentato, mentre la moschea di Segrate ha presentato la domanda oltre ai termini previsti, che si chiudevano il 28 febbraio scorso. L'albo, in ogni caso, verrà aggiornato ogni sei mesi.
Qui finiscono le novità, almeno da parte dell'Amministrazione. Nonostante l'albo sia di fatto già in vigore e le diverse comunità siano già in contatto con l'assessorato di Francesco Cappelli, delegato ai rapporti con le comunità religiose, sui luoghi di culto non sono stati fatti ulteriori passi in avanti.
Alla giunta le sollecitazioni in questi giorni sono arrivate direttamente da numerosi esponenti della maggioranza (da Patrizia Quartieri di Sel al socialista Roberto Biscardini nel Pd), che hanno chiesto un cambio di passo per arrivare ad avere una moschea in tempo per l'Expo. Possibilista l'assessore Cappelli, più cauta la vicesindaco e responsabile dell'Urbanistica Ada De Cesaris, secondo cui per il 2015 ci sarebbe solo la necessità di realizzare un luogo di preghiera.
È in effetti sul terreno dell'urbanistica, ovvero sul lato dell'impatto sul tessuto della città, che i nodi non si sono mai sciolti.
Negli ultimi anni si è esplorato tutto il ventaglio di possibilità, passando dall'idea di costruire una moschea per quartiere alla possibilità di assegnare alle diverse comunità aree di proprietà pubblica dove realizzare il proprio luogo di culto. Ora, invece, si parla genericamente di moschea, anche se le diverse comunità islamiche si muovono autonomamente, e le esigenze sono differenti. Il presidente del Casa della cultura islamica di via Padova Asfa Mahmoud si rifà ancora alle parole dell'ex vicesindaco Maria Grazia Guida, che aveva indicato le urgenze della comunità di viale Jenner e, appunto, proprio di quella di via Padova. “Si deve partire da queste prime esigenze -incalza- penso che se si iniziano a fare tre o quattro luoghi di culto in tutta la città i problemi si risolvono”.
L'albo delle comunità religiose dovrebbe aiutare Palazzo Marino a decidere le prossime priorità.
C. U.