Le minacce di Maroni sono peggio che una cortina fumogena mediatica
C'è più di un semplice espediente comunicativo dietro la presa di posizione del Governatore lombardo che -senza alcun appiglio giuridico- ha minacciato di tagliare i trasferimenti di fondi regionali a quei comuni che si dichiarassero pronti ad accogliere i profughi. Chi pensa che si tratti solo di una cortina fumogena per sviare l'attenzione dalle ultime vicende giudiziarie che lo investono -quasi si trattasse di un remake in salsa lumbard del bel film 'Wag the Dog' di Barry Levinson- rischia di non cogliere il senso profondo di una strategia politica che ha lanciato una pericolosissima opa sulla paura figlia di questi tempi nei quali l'incertezza economica e le crisi geopolitiche rendono sempre più difficile comprendere la complessità di cambiamenti epocali di cui non abbiamo nemmeno intravisto tutte le conseguenze. |
L'uscita di Maroni è la prosecuzione e del disegno di Salvini con altri mezzi, la faccia "istituzionale" del refrain della ruspa come instrumentum regni del padanesimo 2.0.
Poco importa che l'emergenza profughi riguardi il livello profondo, politicamente costitutivo, del rapporto tra continenti. Importa ancor meno che la tratta di esseri umani ha come epicentro uno stato collassato come la Libia, dove si sta combattendo una guerra per procura tra stati islamici. Un paese che potrebbe letteralmente esplodere nel giro di sei o sette mesi, quando finiranno i soldi per mantenere i due governi -quello di Tobruk e quello di Tripoli- e dove si calcola che almeno 20000 famiglie di miliziani vivono del traffico dei migranti.
La lotta per il consenso, però, non ammette più -ammesso che lo abbia mai consentito- nemmeno il benché minimo sforzo di analisi, tanto meno l'articolazione di soluzioni che non siano a misura di slogan.
È la ruspa che traccia il solco e il doppio petto governatorale difende le macerie della politica.