Sono in atto da anni le condizioni che hanno fatto esplodere la bomba sociale delle case popolari
Degrado strutturale, default finanziario, sottovalutazione dell'illegalità, disagio sociale estremo e alla fine la guerra campale dei disperati contro i disperati. La bomba sociale è esplosa ma la miccia era accesa da anni. Le cifre del disastro sociale e politico che va sotto il nome di "emergenza case popolari" non bastano a rendere con precisione i confini e i caratteri di una vicenda che ha radici profonde oltre un decennio. |
Un piano inclinato di intonaci che cadono a pezzi, ascensori bloccati per settimane, riscaldamenti che funzionano a singhiozzo, cortili assediati dall'incuria prima e dalle vedette del racket delle occupazioni poi.
Arrivati ormai ad oltrepassare il punto di rottura si convocano tavoli, si invoca l'esercito, si programmano installazioni di telecamere a seconda delle convenienze politiche e delle rispettive amnesie su responsabilità che affondano le radici nella scelta di considerare il bisogno abitativo come una semplice domanda di un bene di mercato e di rinunciare a qualsiasi investimento pubblico nell'edilizia popolare.
Nell'ultimo ventennio solo il 7% circa della produzione edilizia è stato di edilizia pubblica mentre la domanda di case popolari rappresenta oltre il 40% del totale.
Dal 1905 al 1928 a Milano furono costruiti in media 578 alloggi all'anno a fronte di una popolazione residente (secondo il censimento del 1921) di 718.000 abitanti. Un confronto con il presente sarebbe impietoso, poiché l'oggi non è fatto di investimenti per rispondere al bisogno di almeno 20000 famiglie in lista d'attesa, bensì di voragini di bilancio (solo su Milano ALER è arrivata ad accumulare 30 milioni all'anno di deficit) e buchi negli intonaci.
Ridurre il vero e proprio disastro dell'edilizia residenziale pubblica all'emergenza occupazioni, per quanto drammatica sia diventata nel suo essere ormai guerriglia tra disperati, significa creare le premesse perché la miccia si riaccenda pronta a far esplodere nuovamente la miscela esplosiva del bisogno abitativo che non trova risposta.