A Palazzo Marino si è ben lontani dalla costituzione del gruppo unico

Nella stanza dei bottoni sta per tornare il Cavaliere, con buona pace di chi, appena due anni fa, lo dava per vecchio o sorpassato. Un vecchio leader con un partito nuovo di zecca, creato dal predellino di un’auto in un pomeriggio di novembre a Piazza San Babila e ribattezzato, a furor di popolo azzurro, Popolo delle Libertà.
Fini, che più volte, anche con parole irridenti, aveva rifiutato la “politica del predellino” aveva accettato il progetto di Berlusconi, finendo per condividere con lui la speranza che questa scelta sarebbe stata in grado di rafforzare e fidelizzare in breve tempo l’elettorato di centro-destra.
Nei piani del suo ideatore, il Popolo delle libertà doveva diventare la prima forza politica di centro-destra. Così è stato, in effetti; tuttavia entrambi i partiti originari hanno di fatto visto diminuire i propri consensi. A livello nazionale, come a livello locale, la somma dei voti di FI e AN del 2006 supera il risultato ottenuto dal neonato PDL.
A Milano due anni fa i voti raccolti per la camera dei deputati erano stati 333.180 (40,37%), di cui 235.359 da Forza Italia e 97.821 da AN.
Alle ultime elezioni i voti complessivi ammontavano a 283.950 (36,9%); quasi 50 mila voti in meno (- 4,5%).
Effetto collaterale dovuto in parte al gigantesco consenso ottenuto dalla Lega, in parte, evidentemente, al mal riuscito tentativo di maquillage dei partiti fusi nel PDL.
Se a livello nazionale il nuovo cartello è stato ormai ufficializzato, a Palazzo Marino si è ben lontani dalla costituzione del gruppo unico. “Ci penseremo dopo l’estate”- dichiara Carlo Fidanza, capogruppo di AN, “Sugli argomenti strategici per l’amministrazione della città decideremo insieme, ma per il momento procediamo a piccoli passi separatamente attraverso il coordinamento dei due gruppi”.
Tutto tace, insomma. Per ora ci si accontenta di provare a venirsi incontro mediando eventuali posizioni discordi. Condizione, questa, che, evidentemente, nonostante FI e AN rappresentino da anni una coalizione, non è finora poi stata così scontata.
Se sulle politiche di governo i due “partiti morenti” promettono comunione di intenti, tutt’altro che pacifica si profila l’elezione del capogruppo. Secondo fonti interne alla maggioranza, sarà difficile trovare una persona che “si immoli” a portavoce di una coalizione i cui due partiti già presentano considerevoli conflittualità al proprio interno.
Forse temporeggiare fino al prossimo autunno servirà a raffreddare la patata bollente. Forse in questi mesi si cercherà di limare le disomogeneità e reprimere i protagonismi.
Forse, in fondo, l’idea di decretare ufficialmente la morte del proprio partito non convince proprio tutti.
Soprattutto se la perdità di identità si traduce in una perdita di consenso elettorale.
Giulia Cusumano