Cala e invecchia ulteriormente la popolazione milanese e anche le donne straniere non fanno abbastanza figli

L’afflusso migratorio degli ultimi anni e soprattutto la costituzione di famiglie di immigrati che hanno un tasso di fecondità maggiore di quello registrato dalle coppie italiane ha arrestato la tendenza al decremento per quanto riguarda la popolazione infantile. Secondo i dati ISTAT al 31 dicembre 2007 erano quasi 14.000 i minori residenti a Milano nati sotto la Madonnina.
Nonostante ciò, però, il “malessere demografico” non si attenua. Secondo l’ultimo rapporto sugli indicatori demografici diffuso dal Settore statistica del Comune pochi giorni fa, il tasso di crescita della popolazione cittadina nel 2007 si attesta su valori negativi, come nel 2006 registrando un -0,182% (contro il -0,39% del 2006).
Nel corso dello scorso anno gli anziani sono aumentati più dei giovani (+0,87% gli ultrassesantacinquenni, +0,59%gli under 14). Calano ancora gli appartenenti alla fascia di popolazione attiva tra i 15 e i 64 anni (-0,92%). Diminuisce la popolazione italiana (-0,75% i maschi e -0,91% le femmine) e l’aumento della popolazione straniera (+3,22% i maschi e +2,96%) non compensa la tendenza negativa generale, confermata da un tasso di fecondità (numero medio di figli per donna) che non si solleva da 1,2 dal 2003.
Un valore lungi dal 2,1 che consente di mantenere il ricambio demografico e che non è toccato nemmeno dalle donne straniere che si fermano a 2,00 –mentre le donne italiane sono a 1,13–.
Nel suo ultimo libro –“L’era post americana” uscito nelle librerie qualche settimana fa– il politologo americano Fareed Zakaria analizzando la crisi dell’impero a stelle e strisce individua nella vitalità demografica statunitense l’ “arma segreta” che potrà aiutare l’ultima superpotenza a mantenere la propria capacità di leadership e di innovazione.
Chissà come sono i giardinetti di New York, Los Angeles o Chicago alle 16,30.
B.P.