E’ uscito il Rapporto 2018 sulla Città di Milano di Fondazione Ambrosianeum
Immaginare Milano tra vent’anni: è partito da qui il Rapporto che Fondazione Ambrosianeum ha realizzato per il 2018 e che è stato presentato lunedì 2 luglio nella sede della Fondazione voluta nel 1948 dell’allora cardinale Schuster. “L’arcivescovo di Milano Mario Delpini ci ha chiesto di immaginare la città di domani” ha spiegato il presidente dell’Ambrosianeum Marco Garzonio, e la pubblicazione contiene una vera e propria “road map”, così la definisce la curatrice Rosangela Lodigiani, che si avvale del contributo di numerosi protagonisti della Milano di oggi, dal rettore dell’Università Cattolica Franco Anelli al direttore della Caritas Ambrosiana Luciano Gualzetti, dal demografo Gian Carlo Blangiardo all’urbanista Alice Selene Boni, dal vicario episcopale per la cultura, la carità e la missione mons. Mario Bressan al giornalista Salvatore Carrubba. L’orizzonte temporale di riferimento è chiaramente simbolico, utile per riflettere sul presente guardandolo da un lontano (ma non lontanissimo) futuro e per pianificare forse delle azioni di miglioramento che possano avere un peso reale sulla città del presente. |
Ma facciamo un passo indietro: i tre grossi temi che emergono dal Rapporto riguardano la natalità, l’identità e le periferie.
AD esempio nel primo capitolo, dopo aver elaborato una ricostruzione storica che parte dagli anni del dopoguerra e attraversa gli snodi fondamentali del ’68 e del ’78, Marco Garzonio esamina il passaggio – a livello di immaginario collettivo e di fare concreto politico e individuale - dal mito di Prometeo basato sull’azione proprio della prima metà del Novecento, al mito di Narciso (patologico), fondato su un Ego autoreferenziale e impolitico, figura di cui sono stati chiari esempi, nel passato cittadino, “la Milano da bere” o “la lottizzazione in ogni tipo di nomina”. Da qui alle conseguenze sulle prospettive demografiche il passo è breve: “Numeri impietosi dicono che la città invecchia, che la natalità è attestata all’1.36 figli per donna…che i tanto temuti immigrati…non compensano i nati italiani”.“La domanda è cruda – prosegue Garzonio – nel 2040, tra vent’anni, chi popolerà Milano?”. Stando alle proiezioni del professor Gian Carlo Blangiardo la popolazione dell’area metropolitana è destinata ad aumentare di 200mila unità entro il 2036 arrivando a 3,4 milioni, ma questo sarà dovuto unicamente alla prospettiva di un continuo contributo della componente migratoria, interna ed internazionale.
La città più che crescere dunque invecchia, e passerà dai 136 anziani ogni 100 giovani di oggi ai 178 nel 2036.
A cascata segue il tema dell’identità. Nel contributo di Laura Zanfrini, sociologa, e mons. Luca Bressan, vicario episcopale per la cultura, la carità e la missione, si dice che: “Sul fronte religioso, i fenomeni migratori hanno determinato, oltre alla crescita di tutte le religioni minoritarie, “tre fenomeni, tutti altrettanto significativi, per il futuro della città e della Chiesa ambrosiana”: la crescita dei residenti di fede musulmana (oggi 270 mila nei confini della Diocesi), “la comparsa, sulla scena milanese, della cristianità ortodossa (le cui dimensioni si stimano in oltre 100mila adepti), grazie soprattutto alla folta presenza di donne provenienti dall’Est Europa” e infine “l’arrivo di migranti di tradizione cattolica” (stimati in 233mila). E se secondo gli autori “le aree e i quartieri “periferici”, quelli maggiormente investiti dai problemi di un’immigrazione povera o addirittura marginale, registrano significativamente una maggiore consapevolezza di come i flussi migratori stanno trasformando, indelebilmente, la composizione del quartiere, la popolazione scolastica, la tipologia dei bisogni degli abitanti, la stessa comunità ecclesiale”. Forse “l’esito del sinodo sarà una Chiesa maggiormente consapevole della propria cattolicità, impegnata a tradurre questa consapevolezza in scelte pastorali condivise e capillari sul territorio diocesano. Una Chiesa delle gente che con la propria vita quotidiana saprà trasmettere serenità e capacità di futuro anche al resto del corpo sociale”.
L’altro grande tema che emerge dal rapporto è quello delle periferie, ovvero, come afferma Lodigiani “il luogo in cui si gioca la sfida culturale della città, contesti in cui emergono tutte le contraddizioni di una crescita che c’è, ma che rischia di alimentare le disuguaglianze”. Nel contributo di Mariagrazia Santagati e Emanuela Bonini il focus è sulla scuola: Milano risulta “prima provincia e il secondo comune italiano, dopo Roma, per valore assoluto di alunni con cittadinanza non italiana frequentanti le scuole di ogni ordine e grado: 38.147 alunni stranieri, corrispondenti al 19,7% della popolazione studentesca”. E continuano: “Per quanto riguarda le scuole con elevate percentuali di alunni stranieri, Milano si attesta al 6,5% di scuole con il 30% e oltre di alunni stranieri (a confronto con la media nazionale del 5,3%), ma resta comunque distante dal 14,3% di Bologna e dall’8,9% di Genova”. Paventando il rischio di una “rappresentazione negativa e isolamento di alcuni istituti rispetto al bacino scolastico più ampio, abbassamento della qualità dell’offerta formativa, turn over, stress e burn out degli insegnanti”. I dati: “la popolazione tra i 15 e i 19 anni residente nel Comune di Milano abbandona la scuola secondaria di primo grado senza ottenere la licenza media nel 2,2% dei casi; nella popolazione tra i 15 e i 24 anni il 10,6% interrompe il percorso scolastico senza raggiungere il diploma”, mentre “in alcune periferie l’abbandono prima del raggiungimento della licenza media raggiunge il doppio del tasso cittadino (4%), come nei quartieri di Selinunte, Bovisa e Villapizzone, seguiti da Trenno e Comasina che si collocano intorno al 3,5%. Comasina, Quarto Oggiaro, Farini, Monluè-Ponte Lambro e Ortomercato sono invece i cinque quartieri con il più alto al tasso di abbandono prima del conseguimento del diploma: registrano tra il 20 e il 23%, cioè più del doppio dell’incidenza sull’intera città. Questi nove quartieri vivono un primato negativo in relazione ad alcuni degli indicatori più significativi della dispersione scolastica e del conseguente costo sociale legato all’abbandono”.
Ma nel Rapporto c’è molto altro: Milano e le sue social street, la visione del carcere di San Vittore come periferia nel cuore di Milano, l’esperimento del Refettorio ambrosiano a Greco, una sezione dedicata al Giambellino, un approfondimento sull’agricoltura periurbana.
Come afferma in chiusura Vincenzo Cesareo, “È necessario ulteriormente approfondire temi quali quelli del sempre cruciale e problematico rapporto fra centro e periferia, dell’emarginazione, delle vecchie e nuove povertà, del come innovare il sistema formativo, di come posizionarsi nei confronti della globalizzazione e dell’Europa” . E passando rapidamente in rassegna il tema del welfare ambrosiano (comunitario, con l’apporto di Fondazione Cariplo), sia esso municipale, aziendale o quello della Chiesa ambrosiana, sottolinea il fatto che “libertà responsabile e solidarietà aperta sono elementi essenziali non solo per assicurare la coesione sociale, ma è necessario tenerle presenti pure per progettare la città metropolitana del futuro”.
E conclude: “Di qui la domanda: nella Milano del 2040 che sarà probabilmente sempre più internazionalizzata, si potranno cogliere dei tratti distintivi di milanesità seppur modificati o anche diversi rispetto a quelli appena indicati? Molto dipenderà da come verrà elaborato e realizzato il progetto della nostra città metropolitana, da come si declinerà il “glocalismo”, da come si riuscirà a mettere insieme i due valori della libertà responsabile e della solidarietà aperta, da come si opererà per il bene comune. L’auspicio è che ad affrontare questa sfida partecipino le molteplici realtà presenti nel nostro contesto cittadino, perché la città non solo va vissuta insieme ma anche progettata assieme.