Fiaccole, slogan e sorrisi ma le paure sembrano essere quelle della Milano dei primi anni ‘90

Per gli organizzatori è un successo: nei giorni precedenti avevano auspicato la presenza di cinquemila persone, ce ne sono almeno il triplo e poco importa se ad ingrossare le fila della fiaccolata che punteggia corso Venezia e poi corso Buenos Aires ci sono molti militanti dei partiti del centrodestra.
Sarà proprio ascoltando gli interventi finali che si comprenderà il senso dell’iniziativa del 26 marzo che ha occupato buona parte delle cronache locali e non nelle tre settimane precedenti e che probabilmente a posteriori verrà considerata per molti aspetti una data simbolo.
Nonostante le intenzioni ufficiali, il corteo è molto politico e ancor più partitico. Non sono solo i simboli presenti, pur non essendo ostentati, o i leaders che sfilano, ma anzitutto gli slogan contro il governo –i più gentili “Prodi, Fassino/governo clandestino” o “Coraggio, coraggio/Prodi è di passaggio” – che partono dai blocchi di militanti di Forza Italia e Alleanza Nazionale e vengono ripresi anche da chi partecipa per conto proprio o dietro gli striscioni dei diversi comitati. I leghisti, più indietro, preferiscono cimentarsi soprattutto sui Rom.
La presenza dell’Onorevole Berlusconi è una sorta di corteo nel corteo. Accolto da vere e proprie ovazioni e attorniato da un nugolo di cronisti forse più interessati alle dichiarazioni sulle vicende nazionali.
Il Sindaco procede in testa, sorridente e acclamato. Il Presidente Formigoni è un po’ defilato tanto che gli analisti politici iniziano a misurare nelle distanza tra i tre protagonisti il rimescolamento delle gerarchie all’interno del centrodestra nella prospettiva di future e futuribili successioni.
È però la pancia del corteo che restituisce l’atmosfera, il senso dell’intera operazione “Proteggiamo Milano” com’è scritto sui 200.000 volantini fatti distribuire fin da sabato per promuovere il corteo. Chi sfila ripete il mantra della sicurezza: c’è più violenza, più criminalità, il governo deve mandare più poliziotti, la minaccia degli immigrati.
Non c’è verso, non c’è spazio e modo per parlare di statistiche. La sensazione indotta da un mese di campagna mediatica si è sostituita alla realtà. Fermandosi a parlare con chi sfila fuori dagli spezzoni dei partiti, nel caso remoto si inizi da un fatto concreto l’approdo è sempre lo stesso.
Non c’è da stupirsi che il discorso del Sindaco riscuota un boato di consensi quando cita le violenze degli immigrati e le occupazioni abusive.
“Milano è qui questa sera –esordisce il Sindaco dopo un commosso ringraziamento ad organizzatori e partecipanti– per dire basta alla violenza, per dire basta alla prostituzione, per dire basta allo spaccio, per dire basta alla violenza sulle donne, per dire basta ai maltrattamenti sui bambini, per dire basta alle occupazioni abusive, per dire basta alle violenze commesse dagli immigrati, per dire basta alle truffe agli anziani, per dire basta alle rapine.” Non si tratta di un crescendo e forse non voleva esserlo, ma le parole ‘occupazioni’ e ‘immigrati’ fanno andare in delirio i quindicimila che piazza Argentina non riesce a contenere.
Sembra di essere tornati indietro di una quindicina d’anni, quasi che le pulsioni profonde della città fossero solo assopite.
Il Sindaco prosegue elencando le richieste fatte al Governo e tutti i ritardi di Roma, la folla ascolta composta, solo quando viene pronunciato il nome del Presidente del Consiglio si solleva un ‘buuu’ oceanico.
Il resto, dalle posizioni sul palco al comizio del leader dell’opposizione, al cono d’ombra in cui è relegato il Governatore regionale, è materiale per i retroscenisti.
Beniamino Piantieri