Piccola guida per capire come è nata e, per il momento, fallita la quotazione degli aeroporti milanesi

Fortemente voluta dall'Assessore al Bilancio Bruno Tabacci, ed osteggiata invece dall'opposizione, in particolare dal Pdl, la vendita delle quote è servita a chiudere il bilancio consuntivo del 2011 rispettando i vincoli del Patto di stabilità interno, che il Comune rischiava di sforare per 350 milioni, subendo di conseguenza forti penalizzazioni nelle proprie capacità di spesa per il 2012.
La contrarietà del Pdl, pur favorevole alla privatizzazione, si basava sul fatto che la vendita del solo 30%, non offrendo al compratore il controllo della società, non sarebbe stata adeguatamente premiata in termini di prezzo. Sarebbe stata una vendita a metà, quindi. A cessione avvenuta, Palazzo Marino è infatti rimasto il primo azionista, col 54,85%; F2i è salito al 29,75%, mentre la Provincia controlla il 14,56% delle quote. Proporzioni che, nonostante gli ulteriori sviluppi, sono rimaste le stesse fino ad oggi.
Un'ulteriore dismissione delle proprie quote era del resto già nella mente dell'Amministrazione, tanto che l'idea è stata sostenuta a più riprese nei primi mesi del 2012 dal Sindaco Pisapia, che vedeva le possibili entrate come fonte delle risorse necessarie agli investimenti per la città.
Questa volta, però, l'unica possibilità sarebbe stata la vendita di più del 50%, incamerando quindi anche il cosiddetto premio di controllo della società. L'assessore Tabacci aveva stimato possibili entrate fino a 700 milioni. Ma come fare a vendere più del 50%, mantenendo comunque una quota importante della società? Il Comune avrebbe acquistato le azioni della Provincia, offrendo in cambio a Palazzo Isimbardi la propria quota nell'autostrada Milano-Serravalle. A scambio avvenuto, Palazzo Marino avrebbe controllato il 69,37% di Sea, mentre la Provincia il 71,50% di Serravalle. I due enti avrebbero quindi controllato una quota di maggioranza delle rispettive società, e avrebbero potuto vendere liberamente pacchetti di azioni adeguatamente premiati dal mercato.
È a questo punto, a luglio, che interviene nuovamente F2i, minacciando il ricorso al Tar contro lo scambio previsto tra Comune e Provincia, che, secondo il fondo guidato da Vito Gamberale, non potrebbero accordarsi in modo privato ma dovrebbero passare ancora da un'offerta pubblica. Ovviamente, partecipando alla gara il fondo guidato da Vito Gamberale puntava ad acquisire ulteriori quote di Sea da una posizione di forza.
Pur avendo sottoscritto l'accordo col Comune, il presidente della Provincia Guido Podestà non vuole rischiare di vedere annullata l'operazione dal possibile ricorso, e il concambio non viene eseguito. D'altra parte, alla Provincia, più che al Comune serve ora mettere in vendita le proprie società partecipate. Milano-Serravalle e Sea, per rispettare il Patto di stabilità, così come lo era stato per Palazzo Marino nel 2011.
Poco dopo ferragosto, i due enti mettono in campo quindi la terza ipotesi. Entrare in Borsa con parte delle azioni Sea, e mettere all'asta congiuntamente Milano-Serravalle. Su questa operazione hanno pesato a Palazzo Marino le perplessità di molti esponenti della maggioranza, Federazione della Sinistra soprattutto ma anche molti consiglieri del Pd, sulla prospettiva di perdere il controllo assoluto di Sea, che, sostenevano, sarebbe dovuta rimanere in mani pubbliche e non del mercato.
A Palazzo Marino si rinuncia quindi alla possibilità di forti guadagni, e si ridisegna il provvedimento per far sì che sia la Provincia a mettere in Borsa il proprio 14%. Il Comune avrebbe dato il suo contributo offrendo per un'asta congiunta le proprie quote di Milano-Serravalle, ma, senza la vendita di azioni Sea in Borsa, ne sarebbe comunque restato il primo azionista. Il successo delle due operazioni avrebbe consentito a Palazzo Isimbardi di rispettare il Patto di stabilità. Per Palazzo Marino, pur senza ulteriori guadagni, sarebbe stato il coronamento di una serie di tentativi già messi in atto negli anni precedenti di quotare Sea.
Fin da subito, la quotazione appariva però a rischio: in vista dello sbarco in Borsa, gli advisor avevano infatti stimato il valore dell'intera società tra gli 800 milioni e il miliardo di euro. A dicembre 2011, Gamberale aveva pagato il 30% della società 385 milioni, corrispondente ad un valore totale di Sea di 1,3 miliardi. A quotazione avvenuta, Gamberale avrebbe quindi visto le proprie azioni svalutate di più di un terzo. Questa la ragione principale dello scontro ovviamente mai dichiarato apertamente, ma tutt'altro che nascosto, tra Comune ed F2i.
Troppe eccezioni erano state sollevate dal fondo verso le operazioni di quotazione guidate dal presidente di Sea Bonomi perché il processo potesse andare in porto. Venerdì scorso, dopo la rinuncia alla quotazione per mancanza di offerte sufficienti a coprire le azioni immesse sul mercato, le accuse del Sindaco a Gamberale sono state aperte. Durante il Consiglio Comunale di lunedì scorso, il primo cittadino ha elencato una dietro l'altra tutte le eccezioni che F2i ha sollevato sul procedimento di quotazione. Formalmente, tutte osservazioni 'tecniche'. Di fatto, è il pensiero diffuso a Palazzo Marino, le mosse di una strategia per far fallire la quotazione. Tanto che negli ultimi giorni è spuntata una lettera di fine agosto nella quale Gamberale si rivolgeva alla Provincia dicendosi pronto a rilevarne direttamente le quote di Sea.
Nessun risultato è stato raggiunto quindi dalle strategie messe in campo dai due enti pubblici in tutto il 2012, e l'anno si chiude, almeno sul piano delle partecipazioni azionarie, così come era cominciato. Rimane, sia a Palazzo Marino che a Palazzo Isimbardi, l'intenzione di vendere, ma questa volta è solo la Provincia ad avere la necessità di ripianare il proprio bilancio. Giovedì 6 dicembre in Consiglio Provinciale si è votato per un tentativo di vendita in extremis della quota SEA. Le offerte dovranno arrivare entro venti giorni. Prima della fine del 2012 potrebbe verificarsi lo scenario auspicato da F2i che già lo scorso agosto aveva inviato una lettera a Palazzo Isimbardi per manifestare il proprio interesse all'acquisto delle quote SEA in mano alla Provincia.
Claudio Urbano