Se le primarie sono solo uno strumento di legittimazione si rischia di svilirle

Le primarie, adottate dal centrosinistra a corrente alternata e con convinzione altalenante, lungi dall’essere una competizione sono state utilizzate come strumento di legittimazione della leadership. Se il centrodestra poteva contare sul carisma del leader il centrosinistra ha ripiegato sulla partecipazione, da qui anche l’ossessione per i numeri: più sono i votanti alle primarie più il vincitore è legittimato.
A Milano la seconda edizione delle primarie per la scelta del candidato sindaco ha rivelato i vizi d’origine di questa scelta.
Dove le primarie sono una prassi consolidata e istituzionalizzata, come negli Stati Uniti, la competizione avviene all’interno del perimetro dei partiti che, a dispetto dei timori che agitano le primarie milanesi, non sempre riescono ad imporre i propri candidati: le primarie USA del 2008 videro prevalere da una parte Obama dall’altra McCain, entrambi non erano i candidati appoggiati dai propri partiti.
Anche in Francia, le primarie si sono svolte all’interno del Partito socialista.
In Italia, sia a livello locale che nazionale, più che uno strumento di scelta partecipata e quindi di selezione dei candidati, sono state utilizzate come processo di legittimazione e fase del ciclo di comunicazione politica.
Questi sono i limiti che vediamo a Milano in questi giorni con le ricadute di polemiche che non fanno altro che produrre negli elettori una crescente disaffezione anche nei confronti delle primarie.
La soluzione non è certo buttare il bambino con l’acqua sporca.
Far crescere uno strumento di partecipazione –e anche di comunicazione politica– come le primarie significa anzitutto farne un passaggio di selezione scelto in modo inequivoco, evitando quindi quanto è successo alle ultime regionali quando si fecero in Puglia dove non si dovevano fare dato che c’era un candidato uscente, mentre non si tennero in Lombardia, dove a rigor di logica avrebbero dovuto essere svolte.
Ma soprattutto evitare che siano un surrogato di legittimazione per i partiti che chiamati a sostenere uno sforzo organizzativo, si vedono poi accusati di non essere neutrali.
Beniamino Piantieri