La Provincia non vende (per ora), mentre a Palazzo Marino si guarda alla Regione per il futuro di Sea

Il fallimento dell'operazione ha danneggiato Provincia e Comune sotto vari aspetti, mentre chi ne è uscito vincitore è il fondo F2i di Vito Gamberale. La mancata quotazione potrebbe però non portare solo conseguenze negative per gli enti pubblici coinvolti, anzi. In una prospettiva di medio periodo il controllo della società potrebbe passare sostanzialmente nelle mani della Regione. È questa infatti l'ipotesi che è tornata a circolare in tutti gli ambienti politici, dopo che la gestione in questo anno è stata quantomeno travagliata.
Una sorta di svendita, quindi, sulla quale subito si sono levate voci di perplessità. “I conti non tornano, qualcuno ci spieghi”, ha fatto sapere il vicecapogruppo del Pd in Provincia Roberto Caputo. Il 'rischio' che tutti vorrebbero evitare è del resto un'ulteriore acquisto a prezzo di saldo da parte di F2i, che in tal caso arriverebbe vicino al 50% delle azioni.
Nella giornata di mercoledì 5 dicembre Guido Podestà ha preferito evitare polemiche, spiegando che “il mercato è mercato”, e che quindi un nuovo intervento di F2i non sarebbe ovviamente da rifiutare. Ha anche chiarito, però, che la Provincia non ha intenzione di svendere la sua quota per rispettare il Patto di stabilità. “C'è una perdita di valore oltre la quale è impossibile andare”.
Il Consiglio Provinciale nel pomeriggio di giovedì 6 ha approvato un bando che prevede venti giorni di tempo per le offerte. Scadutoi il termine il Consiglio provinciale è stato riconvocato subito prima di San Silvestro per dare l'assenso ad un'eventuale offerta.
Per il Comune il danno è, invece, più che altro politico. Se vendita doveva essere, era rimasta, solo l'opzione della Borsa, rivelatasi una strada troppo difficile da percorrere contro gli interessi del socio privato F2i.
Prima di vendere al fondo guidato da Gamberale, il Comune si era però tutelato chiedendo a Sea un dividendo straordinario di 147 milioni di euro, che la società ha versato nelle casse comunali per metà nel 2012, mentre l'altra metà arriverà nel 2013. Il Comune avrebbe comunque bisogno di vendere ancora, per incassare soldi necessari ad altri investimenti, a partire dalle spese per Expo. Nella primavera di quest'anno, l’Assessore Tabacci aveva parlato di possibili entrate per 700 milioni di euro. D'altra parte, si è osservato da sinistra in tutti questi mesi, una volta lasciata la Sea non si avrà più neanche l'entrata sicura dei dividendi ordinari in arrivo ogni anno. Il presidente del Consiglio Comunale Basilio Rizzo, Federazione della sinistra, ha poi posto sempre l'accento sulla sicurezza dei lavoratori della società, che fino ad ora in qualche modo tutelata dall'azionista pubblico.
Sullo sfondo, la questione del futuro degli aeroporti milanesi e lombardi, che non attraversano un momento felice. Malpensa è un hub mai decollato, mentre la stessa Linate dovrebbe essere ridimensionata proprio per favorire lo scalo varesino, punto sul quale però le imprese milanesi non vogliono arretrare. Troppo importante avere un city airport come Linate, si spiega da industriali e commercianti.
D'altra parte, lo studio presentato all'ultimo forum Ambrosetti di Cernobbio indica la necessità di un drastico ridimensionamento di Linate, perchè una crescita di Malpensa, sia in termini di passeggeri che di trasporto merci, potrebbe portare ad un valore aggiunto di almeno 1,7 miliardi di euro, guadagnando circa 3 milioni di passeggeri all'anno che ora utilizzano altri scali europei. Tutto, ovviamente, in un'ottica di sistema con gli altri aeroporti del nord Italia.
Ecco quindi la giustificazione industriale dell'entrata in Borsa di Sea: attraverso il mercato azionario, ha spiegato a settembre lo stesso Presidente della società, Giuseppe Bonomi, in Consiglio comunale, la società potrebbe col tempo rafforzarsi sul piano finanziario, per svilupparsi su quello industriale.
Ed è proprio su questo versante che un ruolo di regia potrebbe giocarlo la Regione Lombardia, per ora totalmente estranea a Sea.
Le prese di posizione a favore di un coinvolgimento della Regione sono diventate sempre più numerose in questi giorni. Nella maggioranza in Comune prevale per ora la prudenza, dopo lo scotto di questi giorni. “Prima vogliamo chiarire la situazione”, ha detto ad esempio la capogruppo del Pd Carmela Rozza. Lo stesso Sindaco, riferendo lunedì al Consiglio, ha spiegato che era meglio non parlare del futuro della società, in quel caso per non mettere in ulteriore difficoltà la Provincia. Roberto Biscardini, esponente del partito socialista in seno al Pd, aveva però lanciato la proposta già a settembre, e si chiede perché non si possa vedere la Sea nelle mani delle istituzioni pubbliche. Una proposta che piace ad alcuni esponenti del Pdl, al di là delle schermaglie politiche. È chiaro infatti che un accordo con la Regione sarebbe più facile se a Palazzo Lombardia dovesse insediarsi una maggioranza di centrosinistra. È per questo che, per ulteriori mosse su Sea, a Palazzo Marino si aspetterà almeno fino alle elezioni regionali.
Claudio Urbano