Ennesimo colpo di scena nello scontro tra Comune e sale slot, adesso il TAR dà ragione a Palazzo Marino
Nello scontro ormai senza fine tra Comune di Milano e sale slot, l'ultimo round in ordine di tempo se lo aggiudica Palazzo Marino. In meno di un mese il TAR della Lombardia ribalta la propria decisione e respinge il ricorso presentato da quattro gestori di sale scommesse contro l'ordinanza che limitava gli orari di apertura, e di funzionamento di slot e affini nei pubblici esercizi, dalle 9 alle 12 e dalle 18 alle 23. L'ordinanza comunale che finalmente poneva un argine all'azzardo 24 ore su 24 era stata varata il 15 ottobre, dopo pochi giorni, sulla base del ricorso di alcuni operatori, era stata sospesa con un provvedimento di un giudice monocratico del Tribunale amministrativo lombardo perché "arrecava grave pregiudizio" all'attività economica dei ricorrenti. |
Infatti i giudici del Tribunale amministrativo non solo hanno riconosciuto che la misura varata dal Comune è finalizzata a "tutelare soggetti ritenuti maggiormente vulnerabili…a prevenire forme di gioco compulsivo e ad evitare effetti pregiudizievoli per il contesto urbano e la salute pubblica", ma hanno anche respinto il richiamo formulato dai ricorrenti alla normativa europea sulla libertà d'impresa economica. I giudici amministrativi hanno infatti motivato la propria decisione sostenendo che restrizioni all'iniziativa economica "possono essere giustificate da esigenze connesse all'interesse generale".
Scontata la soddisfazione da parte dell'amministrazione cittadina che da oltre un anno sta portando avanti, sia attraverso ordinanze che per mezzo di una rigida stretta alle concessioni edilizie, una lotta al proliferare dei luoghi destinati al gioco d'azzardo. Altrettanto scontato la reazione negativa dell'associazione di categoria dei gestori di sale gioco che annunciano ulteriori ricorsi.
Ancora una volta sarà la giustizia amministrativa -TAR prima e Consiglio di Stato poi- a decidere in assenza di una normativa nazionale che scelga una volta per tutte se tutelare gli interessi del settore del gioco d'azzardo o la salute dei cittadini. Scelta obiettivamente difficile per lo stato, visto che il gioco frutta all'erario almeno nove miliardi di euro all'anno.
E. P.