Sin dall’inizio il treno di Expo fu instradato su un binario sbagliato, impossibile quindi che la destinazione finale fosse quella giusta, cioè quella definita dallo quello slogan –“nutrire il pianeta”– che avrebbe dovuto essere più che una trovata di marketing, più di una cornice per una vetrina di un milione di metri quadrati.
Fin dal 31 marzo 2008, quando il BIE assegnò l’Esposizione universale 2015 a Milano, il dibattito si è concentrato sulle ipotetiche –ma spesso presentate come indubitabili certezze– ricadute economiche dell’iniziativa: posti di lavoro, indotto turistico, infrastrutture, addirittura il valore del solo brand Expo. La logica del grande evento svincolato dalla sua finalità dichiarata si era impossessata della realtà, o meglio, era diventata una proiezione delle speranze, degli appetiti e di quella che sembrava l’unica via possibile per costruire un raccordo stradale, una linea metropolitana o contare qualche migliaio di posti di lavoro.
Se anche fosse tutto filato liscio, se anche non si fossero accumulati clamorosi ritardi nei cantieri del sito espositivo e nelle opere infrastrutturali connesse (senza contare quelle promesse e mai realizzate, a partire dalla fantomatica sesta linea della metropolitana), se anche non si fosse registrato il benché minimo caso di corruzione, se anche le positive ricadute economiche per il territorio si fossero rivelate in linea con quelle annunciate, inquadrare l’Expo in quella prospettiva lo aveva di per sé svuotato il senso.
Pensare a ciò che avrebbe potuto essere un’Esposizione diffusa nella città, capace di riutilizzarne i luoghi esistenti indicando prospettive di sostenibilità per le aree urbane coerentemente con il tema della nutrizione e di un governo condiviso delle risorse, non è solo esercizio di buone intenzioni coniugate al passato. Pensare ad un’Expo che disseminato sull’intera area metropolitana facendone un modello per il futuro (peraltro nel comune agricolo più esteso d’Europa) è quello che avrebbe dovuto e potuto essere.
Ad una settimana dall’inaugurazione di Expo si tratta solo di un condizionale passato, eppure l’indicativo presente e futuro non lasciano spazio a troppe speranze, neppure nella prospettiva di quella lettura “economicista” che di fatto ha minato l’Esposizione 2015 fin dalla sua nascita.
Beniamino Piantieri