Il capoluogo lombardo diserta la “guerra” dei festival culturali

Ce ne sono di ogni tipo e negli ultimi anni si sono variamente moltiplicati. A Mantova la Letteratura, a Trento l'Economia, a Genova la Scienza. Per citarne alcuni dei più frequentati. Occasioni in cui l'amore del pubblico per un'area della cultura o per una disciplina, per una forma d'arte, si mescolano nei modi conviviali della piazza, della fiera, del mercato, riuscendo a coinvolgere in presa diretta intellettuali, addetti ai lavori, università, istituzioni cittadine e territoriali, mondo imprenditoriale, e un pubblico sempre più vasto.
Concorrenza tra iniziative e città, quasi una “guerra” per tornare all’espressione usata da Simonetta Fiori. Una guerra in cui Milano recita un ruolo convintamene pacifista.
Infatti, in questo scenario effervescente Milano non sembra avere una ruolo di primo piano, o meglio non l'ha dal punto di vista dell'azione politica, intesa come capacità di creare sintesi dalle molteplici istanze generate dall'industria della cultura, a dispetto di una vivacità e di una pluralità di attenzioni e interessi che faticano però a trovare una vetrina cittadina adeguata e che rimangono per così dire sotto la soglia di una piena visibilità.
Prendiamo ad esempio le grandi rassegne del cinema e dell’editoria. In entrambi i casi Milano recita un ruolo di terza se non di quarta fila
Per quanto riguarda la “settima arte” a Venezia, consolidata protagonista da un sessantennio, si affiancano di nuovo Roma e Torino, con rassegne più giovani ma di grandissima risonanza nazionale e internazionale. Certo Milano non è un deserto, esistono esempi significativi di impegno e novità, pensiamo al Festival del cinema africano, alla rassegna organizzata da Filmaker o al “Milano film festival”. Siamo però distanti anni luce dalla capacità delle istituzioni locali di fare scelte strategiche in campo culturale capaci di essere anche grandi operazioni di promozione del sistema-città.
Allo stesso modo le manifestazioni editoriali di stampo fieristico, che operano una sintesi importante fra industria, commercio, cultura si svolgono lontano da Milano che è la capitale dell’editoria. Infatti, in Italia si possono contare tre grandi kermesse dell’editoria, limitandosi a quelle di maggior rilievo: a Roma, la giovane fiera nazionale della piccola e media editoria promossa dall'AIE (Associazione Italiana Editori, con sede a Milano), registra una continua crescita di visitatori ; a Bologna la più importante fiera mondiale per quanto concerne la letteratura per ragazzi; e infine Torino, con la sua pregevole quanto affermata Fiera del Libro, che l'anno scorso, è stata investita dall'Unesco del titolo di Capitale Mondiale del libro (304.000 visitatori all’edizione 2006).
Eppure, almeno da un secolo, è la nostra città il motore italiano dell'editoria. È qui che nel corso del ‘900 individui straordinari hanno saputo sperimentare le proprie doti imprenditoriali rischiando in modo vincente; è all’ombra della Madonnina che agiscono i maggiori soggetti dell'industria editoriale. È a Milano che si resiste alle crisi. È Milano pronta a rilanciare sulle nuove convergenze mediatiche e a guardare oltre i confini.
Si potrebbe continuare citando il settore del multimedia: anche in questo campo Milano costituisce il principale polo nazionale e anche in questo campo non si riesce ad uscire dalla mera logica commerciale. Le iniziative di rilievo sono di stampo fieristico, sempre più spesso dedicate agli operatori. Un approccio che continua a fare della nostra città uno spazio funzionale alle transazioni piuttosto che promuovere un sistema più complesso in grado di tenere insieme promozione di settori imprenditoriali strategici, comunità, crescita culturale e marketing territoriale.
Cogliere queste sintesi e adoperarsi per creare manifestazioni degne della città dovrebbe essere, crediamo, uno dei tanti obiettivi minimi dell'Amministrazione milanese.
A meno che non si voglia continuare, come per tanti altri ambiti, a camminare con la testa voltata all’indietro.
Fabio Davite e Ettore Pareti