Aria cupa, quasi nera, tra nostalgici e revisionisti in grisaglia ministeriale

Non è da oggi che i fondamenti della Repubblica sono presi a colpi di piccone, parecchie le braccia negli ultimi anni a menar fendenti ambidestri.
Oggi si coglie solo quanto è stato seminato, in un silenzio –soprattutto a Milano– preoccupante quanto le sortite di La Russa e Alemanno. Distratte e svogliate le reazioni se si fa eccezione per i nostalgici dell’antifascismo militante.
Se, infatti, due rappresentanti di quelle Istituzioni nate proprio dalla guerra di liberazione dal nazifascismo arrivano ad assolvere il regime mussoliniano pre leggi razziali –come se la persecuzione e l’eliminazione degli oppositori, la soppressione della libertà politiche e sindacali, il controllo assoluto sulla stampa, i massacri perpetrati ai danni della popolazione civile nella campagna d’Africa, solo per fare degli esempi, fossero bagatelle– e ad equiparare, nelle ragioni e non nella pietas dovuta ai morti, i soldati che aderirono alla RSI con quelli che preferirono farsi massacrare dai tedeschi piuttosto che combattere a fianco degli occupanti, c’è da chiedersi da che parte si schiererebbero se fossero riportati da una macchina del tempo nell’estate del 1943.
La storia, è vero, non si fa con i se ma le scelte politiche possono contemplare questi interrogativi poiché le ragioni di oggi si plasmano e danno conto di sé anche confrontandosi con il passato.