All'Università Statale di Milano Laurea Honoris Causa ai 'preti di strada': don LuiGi Ciotti, don Virginio Colmegna e don Gino Rigoldi
"Preti di strada", li ha definiti il Rettore dell'Università Statale di Milano stamattina durante la cerimonia che ha consegnato loro una Laurea Honoris Causa in "Comunicazione pubblica e d'impresa": ma loro, come ha sottolineato Don Luigi Ciotti, sono "preti e basta, perché la strada e il Vangelo sono inseparabili". Una bella lezione, quella che ha avuto luogo stamattina nell'aula magna di via Festa del Perdono, dove don Virginio Colmegna, don Gino Rigoldi e appunto don Ciotti hanno ringraziato tenendo le loro 'lectiones magistrales' davanti a una platea attenta e partecipe. |
Dopo la "laudario" di Nando Dalla Chiesa, il primo a parlare ("mandano me perché dicono che sono il meno timido", ha scherzato) è stato don Gino Rigoldi (scarica intervento completo), Cappellano presso l'Istituto penale per i minori "Cesare Beccaria", da sempre dedito alla causa dei giovani in difficoltà e fondatore nel 1975 della Onlus "Comunità nuova". "Una buona comunicazione è la premessa perché nasca una relazione: lavoro da 41 anni al Beccaria e ho sempre pensato che fosse necessario ascoltare e capire i comportamenti dei ragazzi e accompagnarli nella comprensione di ciò che gli è successo. E' fondamentale essere persone che guardano gli altri come una possibilità di amicizia, di percorso comune. Nel posto in cui lavoro la qualità principale della relazione è quella di avere cura. Cura, relazione, amore: queste cose non sono un fatto isolato ma sempre una scelta, un percorso. Nel mondo c'è un'inflazione di parole ma quello che conta è definire i percorsi". A margine della cerimonia don Gino ha poi commentato che «il rischio di esplosione nelle periferie di Milano c’è se nessuno ci guarda dentro, se nessuno va ad ascoltare e a proporre un progetto diverso da fare assieme», e ha continuato «ho visto molti ragazzi cambiare, anche Latin Kings diventare volontari ma perché ciò accada è necessario esserci, occuparsene. Ciò che non si cura, come evidente, degenera».
Dopo di lui è intervenuto Don Virginio Colmegna, fondatore della "Casa della carità" a Milano nel 2004, che ha affrontato il tema delle case occupate: «Servono case che siano dimora e strade che portino alle case, soprattutto in un periodo come questo, dove la paura esce dai normali e abituali confini e diventa patologica, viene gestita in modi aggressivi, incapaci di riassumere la complessità del vivere, incapaci di dare risposta coraggiose che nascono solo da una profonda visione etica, umana civile e spirituale». Alla Casa della Carità, ha spiegato Colmegna, «accogliamo persone senza permesso di soggiorno ma abbiamo abolito la parola clandestino perché avvertiamo quanta irregolarità viene prodotta da dei meccanismi legislativi inadeguati, dall’abitare in strada e da una diffusa e sotterranea disperazione». «Quando si racconta di migranti e rom che occupano case popolari destinate ad altri - ha chiesto don Colmegna - , perché non dire anche di quei rom, ai quali è stata data a Milano una possibilità concreta di abbandonare la vita nei campi, e che oggi vivono in case dove pagano l’affitto, mandando i figli a scuola con regolarità e che si mantengono lavorando?». (scarica intervento completo)
Infine, l'appassionato discorso di don Luigi Ciotti, fondatore del Gruppo Abele a Torino nel 1965 e poi, sul piano nazionale, dell'associazione "Libera - Associazioni, nomi e numeri contro le mafie" nel 1995. "Quella in scienze confuse é l'unica laurea che ho" ha scherzato. "Milano è una città che frequento molto e che in questi ultimi anni sento un po' mia". Guardando alle prime file, dove sedevano il sindaco Giuliano Pisapia e altre autorità cittadine, don Ciotti ha subito ricordato Lea Garofalo, e il "portare la sua bara assieme", per poi passare alla sua formazione: "La strada é stata maestra per me, mi ha insegnato a non semplificare, ad essere solidale e umano di fronte alle contraddizioni, ad essere consapevoli che siamo tutti piccole persone". Ricordando lo stretto legame e la stretta sintonia con don Rigoldi - "conosciuto regalandogli un prosciutto" - e con don Colmegna - "e il suo stare nel mezzo" - don Ciotti ha passato in rassegna tutte le sue esperienze, "al servizio della realtà di chi ha bisogno". Quello che serve, ha concluso, è una rivoluzione delle coscienze e dei comportamenti, nei singoli cittadini prima ancora che nelle istituzioni. (scarica intervento completo).
Il Rettore della Statale, Gianluca Vago, ha spiegato in chiusura: “Abbiamo voluto riconoscere e premiare il loro prolungato e straordinario impegno in favore dei diritti dei più deboli, della costruzione di relazioni sociali più eque e dell'educazione alla legalità costituzionale. Don Ciotti, Don Colmegna e Don Rigoldi, testimoniano, nella concretezza del loro operare, un’identità valoriale che va ripresa e consolidata, e alla cui salvaguardia anche l’Università è chiamata con forza a contribuire".
A.Pozzi