Sono il 23% dei giovani Milanesi, molti sono nati qui. Eppure la cittadinanza è un percorso a ostacoli

Si tratta di un fenomeno che cambia la fisionomia demografica di una comunità, ne ridisegna volto, cultura e prospettive.
Sono quasi 50000 i giovani Milanesi che hanno fatto qui le elementari, addirittura l'asilo. Molti di loro qui sono nati eppure non sono cittadini italiani.
Nel migliore dei casi devono fare richiesta al compimento del diciottesimo anno d'età. Se poi non sono nati sull'italico suolo, la procedura è ancora più complessa grazie ad una legge italiana del 1992. Ormai un'era geologica fa se consideriamo la velocità, l'intensità e la profondità con le quali il fenomeno migratorio ha attraversato l'Italia nell'ultimo ventennio.
Un caso emblematico di come il legislatore - alias la politica - brancoli nel futuro con lo sguardo rivolto al passato; molte volte per incapacità di cogliere l'evidenza, ancor più spesso per miopi quanto misere scommesse su un facile consenso elettorale vellicato dagli stregoni della gestione politica della paura.
In questo scenario fatto di un futuro che si dispiega nella quotidianità di ognuno di noi e, purtroppo, di norme inchiodate ad una concezione arcaica della cittadinanza, anche i segnali hanno un peso.
In quella direzione va uno dei nuovi strumenti che il Comune di Milano mette a disposizione delle cosiddette "seconde generazioni": G-Lab.
Non cambierà nell'immediato una legge ingiusta e dannosa - anche per lo sviluppo del Paese - ma almeno traccia una strada, sulla quale prima o poi potrebbero incamminarsi i legislatori (o almeno una buona maggioranza di essi), non appena si riconnetteranno con il presente.
Beniamino Piantieri