Nell'ultimo anno Milano ha messo in campo una serie di strumenti sempre più stringenti: da rigidissimi vincoli urbanistici, alla stretta sulle concessioni edilizie, dalla limitazione degli orari di apertura fino alla moltiplicazione dei controlli da parte della polizia locale.
L'allarme proviene da un paio di segnali tutt'altro che tranquillizzanti. Il primo è l'allarme lanciato in questi giorni dal Procuratore generale della Corte dei conti: "le società concessionarie del servizio pubblico di attivazione e conduzione operativa della rete per la gestione telematica del gioco lecito con vincite in denaro mediante apparecchi", cioè quelle che gestiscono le slot machine e che erano state condannate a quasi tre miliardi di euro di multa, alla fine verseranno allo Stato circa il 20% di quella cifra, grazie ad una serie di provvedimenti che nessun lobbista avrebbe saputo congegnare meglio.
In secondo luogo il Governo intenderebbe, in vista della redazione di una normativa nazionale, far decadere tutte quelle leggi ragionali che (come quella lombarda) hanno posto stretti vincoli per l'apertura delle sale scommesse.
Il periodo di vacatio legis suonerebbe, ovviamente, come un "liberi tutti" nel quale la marea delle slot conquisterebbe ulteriore terreno.
Ancora una volta è il fatturato a fare la differenza. Il gioco legale in Italia ha un giro d'affari di circa 90 miliardi di euro ed è diventata una delle principali industrie del paese che garantisce introiti fiscali per quasi dieci miliardi. Molto di più di quelli che si ottengono andando andando a capo chino a Bruxelles implorando limature millimetriche dei vincoli di bilancio imposti dall'UE.
Beniamino Piantieri