La parabola delle case popolari nell'evoluzione del Molise-Calvairate e nell'esperienza del Comitato Inquilini
Franca Caffa ci accoglie nella sede del Comitato Molise-Calvairate-Ponti di via Etruschi 1, da oltre trent'anni sede di un esperimento riuscito di presidio sociale e abitativo in un quartiere difficile dove le problematiche dell'edilizia popolare si sono unite negli anni a varie emergenze sociali. Prepara il tè per tutti, Franca, storica animatrice del Comitato, e di fronte a una piccola platea di consiglieri comunali e inquilini, racconta di quando il Cardinale Tettamanzi è venuto in quartiere e dell'accoglienza che gli riservarono i residenti musulmani. "Siate ostinati contro le ingiustizie, ci disse, e noi lo siamo stati e lo siamo" racconta. | |
Mi sono infilata in uno scantinato coi topi e le tubature in amianto, erano i locali dove si riuniva Medicina democratica, e ho messo l'avviso che la porta era aperta. Da lì sono cominciati gli incontri, mi sono trovata di fronte alla madre sieropositiva a cui avevano tolto i figli così come alla vecchietta col figlio tossicodipendente: situazioni che non erano caratterizzate solo dalle difficoltà dell'abitare, ma ho avuto di fronte persone come persone col loro carico di sofferenza e di ingiustizie, e da subito ho avuto l'intuizione che servissero un coordinamento e un confronto. C'era bisogno di analizzare la situazione nella sua globalità per studiare un intervento che avesse la finalità della riqualificazione".
E' utile ricordare che il Molise-Calvairate, dopo l’applicazione della legge Basaglia, fu il quartiere in cui più si concentrarono i malati psichiatrici, per la cospicua presenza di appartamenti oggi definiti "sotto soglia", tanto che spesso gli operatori parlavano della zona come di "manicomio diffuso".
Da 35 anni, puntualizza Franca Caffa, chiede questo confronto, ma nessuna risposta è ancora arrivata, se non quelle a un indicativo futuro che non diventa mai presente.
Negli anni il Comitato cresce e mette in piedi tanti servizi di utilità sociale: dall'assistenza gratuita per le questioni amministrative e per la manutenzione degli alloggi (attualmente collabora col comitato l'ing. Barbarossa, ex dirigente dell'Istituto case popolari), fino al doposcuola per i vari gradi di istruzione, passando attraverso la scuola di arabo per bambini e i corsi di informatica. L'offerta, per così dire, varia in base alla disponibilità dei volontari e ha come filo rosso una proposta di aggregazione culturale.
"Quello che vorrei fosse chiaro" spiega Franca " è che il Comitato non si è mai occupato solo di questi quartieri".
E ripercorre, con una memoria precisa e puntuale, i numerosi approcci che ha avuto con le istituzioni nel corso degli anni: dalla richiesta, accolta ma non realizzate, di un tavolo con tutti i responsabili dei settori competenti all'epoca del Prefetto Carmelo Caruso, fino al 1993 quando viene eletta come indipendente nella lista di Rifondazione Comunista e si interfaccia con la Giunta Formentini. Poi ancora nel 2006 quando è convocata da Letizia Moratti durante la campagna elettorale, e pochi anni più tardi quando viene ricevuta dall'allora Assessore allo Sviluppo del territorio Carlo Masseroli.
"Tutti mi hanno sempre detto che il coordinamento che chiedevo era la cosa da fare" racconta. Ma si sa, verba volant.
C'è poi tutta la questione legata ai Contratti di quartiere, avviati nel 1998 con un primo programma e poi confermati con un secondo programma nel 2002 dal Ministero per le Infrastrutture, programmi sperimentali di recupero urbano da localizzare "in quartieri segnati da diffuso degrado delle costruzioni e dell'ambiente urbano e da carenze di servizi in un contesto di scarsa coesione sociale e di marcato disagio abitativo".
Ma il Contratto di Quartiere applicato al Molise-Calvairate-Ponti ("la città entra nel quartiere, il quartiere si apre alla città" era la sua denominazione ufficiale) è stato rispettato solo, e non è una metafora, di facciata. All'interno, molti alloggi non sono mai stati ristrutturati o mantenuti, per non dire del fatto che una riqualificazione va intesa non solo a livello edilizio ma anche economico, sociale e culturale.
Tanto per fare un esempio, in piazza Insubria 3, dove Franca ci guida, tra un palazzo e l'altro c'è una struttura nuova di zecca destinata all'aggregazione degli anziani, con tanto di piattaforma semovente per disabili lungo le scale, totalmente abbandonata a se stessa. Costruita e lasciata lì, mai data in appalto a cooperativa alcuna. Giace inerte dal 2006, a fianco di un palazzo dove recentemente ben 10 alloggi sono stati occupati da famiglie rom. E qui si apre un'altra questione, quella legata all'attualità più stretta degli ultimi mesi, quando le case popolari sono tornate di prepotenza agli onori delle cronache: proprio lì, al Molise-Calvairate, lo scorso maggio ci sono stati momenti di tensione in seguito a occupazioni massicce da parte di famiglie rom arrivate dirette dalla Romania "che sapevano esattamente dove andare", racconta Franca.
La situazione è caratterizzata da un prima e da un dopo, sostiene lei, e questo è il frutto di una mancanza di politiche abitative lungimiranti protratta nel tempo: "Non c'è stata e non c'è alcuna visione complessiva, solo interventi singoli a caso: in questa assenza di politiche sono venuti avanti fenomeni nuovi come le recenti occupazioni da parte di famiglie rom. Nel 2013 avevamo allertato le istituzioni su questo, perché nel quartiere Ponti c'era stata una raffica di occupazioni che faceva capire come si fosse ormai passato il segno".
Sui rom ci sono tanti pregiudizi, spiega ancora Franca, però è vero che ci sono comportamenti di persone che ricorrono a furti e piccoli espedienti criminali per vivere: bisognerebbe che le famiglie rom fossero accompagnate, e bisognerebbe che in ogni palazzo ci fosse un "servizio di custodia". Non risolverebbe il problema ma sarebbe un grande deterrente, e l'esperienza di via Etruschi 1 lo dimostra appieno, se è vero, come dice lei, che in quei palazzi non sono mai state tentate occupazioni nel corso di questi anni. E' di fatto un presidio, il Comitato Inquilini, contro il degrado, e anche contro l'abusivismo, in una zona caratterizzata da quello che, negli anni della sua costruzione, costituiva un modello positivo di edilizia economica popolare (il Calvairate fu costruito tra il 1929 e il 1931, 11 edifici per un totale di 1753 alloggi con pianta tipica degli edifici popolari dell'epoca, con corti interne ad uso residenziale e spazi verdi di uso comune; il Molise risale agli anni '33-38, sono 11 edifici per 954 alloggi e lo stuile architettonico è improntato più al razionalismo).
Nel 2011, elaborato su richiesta di Franca dal professor Antonio Tosi, docente di Sociologia urbana e rurale alla Facoltà di Architettura del Politecnico di Milano, è uscito il Rapporto sulla questione delle case popolari a Milano. Sottoscritto da Comitati Inquilini, Parrocchie, Camera del Lavoro di Mialno, Cisl, associazioni e sindacati. Ennesima richiesta di quel confronto da sempre rimandato, richiesta di un coordinamento tra le parti ai fini di una progettualità coerente. Per evitare che la situazione collassi in una guerra tra poveri, per mettere a frutto quelle energie che vengono dal basso e che fino ad oggi hanno lavorato in silenzio per impedirlo. Il fatto è che quelle energie, quelle risorse non bastano. Forse, prima ancora delle risorse economiche, serve un'assunzione di responsabilità, e un'intenzione reale e costruttiva di affrontare la questione.
Antiniska Pozzi