Anche gli operatori del gioco d'azzardo chiedono una regolamentazione del settore. Con un occhio agli affari

Con un occhio al business, ovviamente, ma ammettendo la necessità di regole più stringenti sull'installazione delle 'macchinette', oltre che sull'accesso alle sale.
All'appuntamento organizzato a Milano mercoledì 20 novembre gli operatori del settore riuniti in Confindustria hanno naturalmente voluto dare risalto all'importante ruolo di presidio rispetto alle forme del gioco illegale che le attività gestite dai concessionari autorizzati rappresentano.
Gli operatori vedono comunque il bicchiere mezzo pieno: “Il settore delle slot italiano rappresenta il più eclatante caso di successo a livello mondiale nel contrasto al gioco illegale e nel recupero di risorse per lo Stato”, senza contare però che in meno di un ventennio gli Italiani, storicamente poco inclini al gioco d’azzardo, sono diventati tra i più accaniti giocatori al mondo.
Nel solo 2012, il settore delle “slot” ha consentito un introito alle casse dello Stato per circa 4 miliardi di euro, scrivono i rappresentanti del settore, l’altro lato della medaglia è che secondo alcune ricerche sono circa 800.000 gli italiani a rischio dipendenza senza contare le decine di migliaia di casi, secondo le stime, di giocatori patologici (di cui seimila circa in cura presso i Sert).
Una vera emergenza socio-sanitaria che inizia forse a smuovere anche gli addetti al settore se il presidednte di Confindustria Sistema Gioco Massimo Passamonti, ha dichiarato che “gli operatori ritengono sia giunto il momento di avviare un'attenta valutazione critica e responsabile dell'intero settore”.
La 'riforma' proposta prevede in sostanza di togliere un certo numero di macchinette dai bar, a favore degli esercizi che sono dedicati esclusivamente al gioco. Le “slot” in Italia sono in effetti ormai 380.000, distribuite su 114.000 esercizi. A inizio anno, in Lombardia di apparecchi se ne contavano 60.000. Otto su dieci, naturalmente, sono installati nei punti vendita “generalisti”, ovvero bar e tabacchi. Insomma, una distribuzione capillare sul territorio e occasioni di gioco facilmente accessibili a tutti.
Per questo gli operatori propongono di eliminare le macchinette, tecnicamente definite con l'acronimo Awp (amusement with prizes, divertimento a premi), da quegli esercizi che, per loro natura, non possono gestire un adeguato controllo nei confronti del gioco minorile; si dovrebbe poi vietare l'installazione nei negozi più piccoli di 20 mq e comunque limitarne il numero a 4 per esercizio. Inoltre, secondo gli operatori all'interno delle sale giochi si dovrebbe creare una divisione netta tra la parte dedicata ai giochi d'azzardo e quella con altri intrattenimenti. Scopo di queste azioni, limitare l'accesso al gioco da parte dei minorenni, ma anche 'scremare' il numero degli esercizi che sfrutta le macchinette, prevedendo di togliere circa 42.000 “slot”. Tutti i locali dovrebbero creare poi zone appositamente dedicate solo ai giocatori.
L'intervento avrebbe però anche un altro scopo, quello di tutelare maggiormente i concessionari. Per le “Vlt”, le videolottery, che a differenza degli apparecchi da bar consentono puntate superiori (utilizzando anche le banconote) e vincite fino ai 5000 euro, secondo gli operatori dovrebbe esserci “una doverosa tutela”, dato che per le licenze nel 2009 gli stessi concessionari hanno pagato allo Stato 850 milioni. Insomma, le videolottery dovrebbero essere mantenute nelle sale scommesse dedicate (circa 130 a Milano e provincia), ed anzi si dovrebbe prevedere un numero minimo di apparecchi installati in modo da concentrarli in pochi esercizi sul territorio.
In realtà più che una strategia di prevenzione –che indubbiamente non spetta agli operatori del settore– le proposte sembrano andare nella direzione di una razionalizzazione di un business cresciuto a ritmi esponenziali negli ultimi anni e che oggi, come tutti i settori economici che passano attraverso fasi di evoluzione molto rapide sia dal punto di vista del prodotto che della generazione di profitto, prova ad innovare il proprio modello privilegiando i grandi operatori e i soggetti con ingenti capacità d’investimento.
Se si andasse nella direzione proposta da Confindustria si potrebbe prevedere effettivamente una frenata nella proliferazione incontrollata delle “slot”, la cui presenza capillare nei bar è il maggiore fattore di rischio ma assisteremmo molto probabilmente alla diffusione di veri e propri mini-casinò cittadini, secondo una tendenza già in atto da qualche anno.
Claudio Urbano e Ettore Pareti