Dal 15 al 19 marzo in scena al Teatro della Cooperativa la storia di un medico e di un battaglione di alpini alle prese con la guerra in Albania
“… ho un figlio che appena si regge ai primi passi. Per lui voglio scrivere questo mio diario di guerra intessuto fedelmente sui pochi appunti presi quasi ogni giorno nella Campagna italo-greca (28.10.1940 – 22.04.1941), cui io partecipai in qualità di medico di Compagnia alpina.” ALBANAIA, in scena dal 15 al 19 marzo al Teatro della Cooperativa, è tratto dalle pagine del romanzo dall’omonimo titolo di Augusto Bianchi Rizzi e vede protagonisti Tommaso Amadio e il coro ANA di Milano, composto da 22 alpini e diretto dal Maestro Massimo Marchesotti. |
Dopo la nascita del figlio, Vittorio Bellei parte con le truppe alpine per la guerra d’Albania. Con lui siamo a Brindisi prima della viaggio per Tirana, poi in trincea sotto il fuoco nemico fino ad affrontare il gelo del monte Guri i Topit. A quota 2120 il nemico peggiore è proprio il freddo e gli alpini, mal nutriti e male attrezzati, combattono sotto terra e nelle trune ghiacciate la loro più dura battaglia di resistenza contro un esercito greco in forze e meglio organizzato.
Il dottor Vittorio Bellei è lì per loro, per aiutarli a superare la nottata, in alcuni casi a sopravvivere al male della lontananza. La sua professione, o forse missione, lo costringe a sentire la vita correre via dai suoi commilitoni, sotto forma di bomba a mano o di nostalgia fredda come le trincee gelate in alta quota. L’unico sollievo sembrano essere le partite a carte in tenda, tra un allarme e l’altro, il momento del pasto scarso e condiviso, il momento di cantare insieme per non sentire il silenzio, per non aver paura di quel silenzio.
Una vita impossibile tra le montagne al confine tra Grecia e Albania, dentro un battaglione che si fa portavoce dei motivi della guerra e dell’etica patriottico-fascista.
Ma soprattutto "la storia di un uomo che si trova a dover confrontare il rigore dei principi con la comprensione umana degli affetti, l’insensatezza della sofferenza quotidiana con la sua legittimazione idealistica".
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