La Consulta boccia la legge anti-moschee. In attesa delle (intuibili) motivazioni, fioccano commenti e polemiche
L'ultimo atto nell'annosa "questione moschee", una vicenda che si trascina da anni tra promesse, rinvii e speculazioni politiche, risale a ieri ed è lo stop imposto dalla Consulta alla legge Maroni, ribattezzata "anti-moschee". Risalente a un anno fa, la legge regionale lombarda numero 2 del 2015, era stata ideata dal centrodestra con lo scopo di contrastare le politiche del Comune di Milano, che a fine 2014 aveva pubblicato un bando per assegnare tre aree da destinare a luoghi di culto, moschee comprese. Poi la strage di Parigi ne ha velocizzato l'iter, che l'ha portata a una rapida approvazione. Ma il testo della legge, che contiene norme estremamente restrittive per la costruzione di nuovi luoghi di culto, era stato impugnato dal governo davanti alla Corte costituzionale: ieri è arrivato il verdetto della Corte Costituzionale che dichiara la legge anticostituzionale. |
Un'opposizione strenua e poco lungimirante a un processo che avrebbe già dovuto portare alla semplice attuazione di un diritto sancito dalla Costituzione italiana, appunto, ovvero quello della libertà di culto.
La Consulta non ha avuto dubbi, le 15 toghe hanno condiviso l'impostazione del giudice relatore Cartabia. Uno schiaffo alla giunta lombarda e al suo governatore, ancora nel mezzo della bufera per le vicende legate alla sanità e al caso Rizzi: e il carrozzone riparte, con Salvini che grida a gran voce contro la "consulta islamica" mentre Maroni trita sarcastico il presunto Allah Akhbar della Sinistra.
Di certo resta non un passo avanti, ma la cancellazione di quello che era stato un passo indietro nel percorso lungo, necessario e complicatissimo verso quel passo di civiltà che ancora manca in una città che conta circa 80.000 residenti provenienti da paesi musulmani, senza contare gli italiani di fede islamica.
A.P.