Rinviato al 23 dicembre il voto sulla Legge Regionale che privatizzerebbe il servizio idrico

Doveva essere il giorno del voto definitivo, ma martedì 30 novembre non è stato decisivo per l’approvazione del testo del progetto di legge regionale sul servizio idrico, la cui votazione slitta al 23 dicembre prossimo.
Dopo le manifestazioni davanti al Pirellone, i presidi e il mail bombing, la decisione, frutto di un accordo tra i capigruppo, è stata presa dopo che la discussione del provvedimento si era protratta per i numerosi interventi da parte dei consiglieri di opposizione contrari alla riforma.
L’apparente vittoria dei Comuni
Ma come si concilia questo con l’apparente piccola vittoria ottenuta da Anci Lombardia con il riconoscimento del parere vincolante su investimenti, tariffe e modalità d’erogazione, così commentata dal Presidente di Anci Lombardia Attilio Fontana: “Siamo molto soddisfatti che le osservazioni dei sindaci siano state accolte dalla Giunta e dal Consiglio regionale; con questa legge si garantisce ai sindaci la possibilità di avere voce in capitolo”? La realtà è che i Comuni, secondo la Legge Regionale, avrebbero 30 giorni di tempo per esprimere il parere e, soprattutto quelli piccoli, è improbabile che possano esprimersi in così poco tempo su progetti lunghi ed elaborati, finendo così per avere un ruolo ridicolo nelle scelte fondamentali sulla gestione.
In attesa del prossimo voto
Discussione rinviata quindi, dopo l’approvazione della finanziaria regionale, ma soprattutto –è la speranza dei comitati a sostegno dell’Acqua Pubblica– dopo l’emanazione del Decreto “milleproroghe” del Governo nazionale che potrebbe, infatti, contenere una proroga anche all’entrata in vigore della legge che chiede alle Regioni la riforma del servizio. In questo caso, si slitterebbe a febbraio, in attesa della sentenza della Corte Costituzionale sul ricorso del Veneto, e tutto potrebbe essere rimesso in gioco.
Milano: un caso a parte
All’interno del panorama regionale, c’è poi il caso di Milano su cui vale la pena fare un po’ di luce dato che costituisce un’eccezione.
Se negli altri 1500 comuni lombardi il rischio è il passaggio delle competenze alle Province, a Milano, che ha anche un ATO separato da quello provinciale, il rischio più grande è quello della privatizzazione.
Milano ha un’azienda speciale dell’ATO della città di Milano, un ente strumentale del Comune, che nel 2007 ha deciso di affidare la gestione del servizio idrico a MM per vent’anni.
Se dal 1 gennaio 2011 entrasse in vigore la Legge Regionale come è stata proposta, si applicherebbe il Decreto Ronchi, che prevede che tutti gli ATO aprano una gara europea per decidere chi sarà il proprio gestore del servizio idrico, gara che presumibilmente vincerebbe una società privata perché è poco credibile che contro una multinazionale vinca una società tipo Metropolitana Milanese che attualmente gestisce il servizio idrico di Milano.
C’è un’altra opzione poi che presenta un rischio di privatizzazione ancora più subdolo: se non si vuole andare il gara si può cedere il 40% al mercato e il partner vincente diventerebbe consocio di MM. Ma il fatto che MM mantenga la quota maggioritaria non significa che abbia lo stesso potere di prima: il Decreto Ronchi dice infatti che il privato, anche se in quota minoritaria, è il soggetto a cui affidare la gestione del servizio, quindi la parte operativa, mentre il pubblico gestirebbe solo la parte finanziaria. Questo significa consegnare il proprio acquedotto per 20 anni a una società privata.
Iniziative
Intanto, in preparazione della prossima seduta del 23 dicembre, i comitati per l’acqua pubblica continueranno a monitorare la situazione e a mobilitarsi per rivendicare con forza la titolarità dei Comuni rispetto ai modelli di affidamento e di gestione dei servizi idrici.
Tra l’altro il prossimo sabato 4 dicembre è giornata di mobilitazione nazionale per l’acqua pubblica: qui tutte le iniziative a riguardo.
Antiniska Pozzi