Il numero dei detenuti nelle carceri Lombarde sale di nuovo alla soglia degli 8000, segnando +10% in un anno
Numeri che aiutano, ma certo non bastano, a far capire cosa significhi "sovraffollamento delle carceri": il 31 dicembre 2015 i detenuti presenti nelle carceri italiane erano 52.000; neanche un anno dopo, il 30 novembre 2016, sono risaliti a oltre 55.000 unità, ben oltre la soglia di 49mila, capienza massima stimata. In Lombardia, la regione con il più alto numero di persone ristrette in carcere, si è di nuovo sulla soglia di 8.000 detenuti (+10% in meno di un anno). Sono i dati riportati dal CNCA (Coordinamento Nazionale Comunità di accoglienza), che meglio spiega: "In realtà una parte significativa di persone che avrebbero potuto uscire sono rimaste in carcere. Da una parte i sepolti vivi del 41 bis per gli affiliati di peso, veri e presunti, alla criminalità organizzata; poi un gruppo consistente di detenuti sottoposto all’alta sorveglianza per reati come l’associazione a delinquere, l’associazione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti e il sequestro di persona. |
Eppure negli anni scorsi il governo, a fronte di una possibile sanzione da quattro miliardi di euro da parte dell’Unione Europea per le condizioni disumane e degradanti dovute al sovraffollamento nelle carceri italiane, arrivate a rinchiudere oltre 67.000 persone nel 2013, aveva iniziato una politica deflazionista con leggi mirate a diminuire la presenza delle persone in carcere, estendendo la possibilità di accedere alle misure alternative, introducendo la messa alla prova anche per gli adulti per i reati con pene edittali fino a quattro anni, depenalizzando il reato di clandestinità.
I dati dicono che circa un detenuto su quattro, quando termina la pena, non sa dove andare: i cambiamenti veloci e traumatici della società lasciano sul terreno delle vittime incolpevoli, i poveri, e delle vittime colpevoli, i disperati che compiono reati per fame di cibo o di droga.
Il CNCA Lombardia opera sul territorio con 15 realtà, che seguono almeno 250 detenuti (anche minori e donne) in regime di misure alternative (come l'affidamento).
"Alle situazioni di sofferenza sociale si aggiungono - prosegue il CNCA -, in un numero consistente di casi, le persone in condizioni di sofferenza individuale, spesso, anche in questi casi, provenienti dal carcere trasformato in sostituto degli ospedali psichiatrici. Nei confronti di queste persone il prendersi cura si accompagna necessariamente all’avere cura. Il punto più delicato e che richiede oggi l’impegno del CNCA è quindi quello rivolto all’accoglienza dei detenuti poveri, quelli che non hanno casa, non hanno reddito, non hanno relazioni. Sono tanti e sono tra coloro che, nonostante abbiano la possibilità di uscire in misura alternativa, non hanno un luogo dove andare o, terminata la pena, tornano in una dimensione di pendolarità con il carcere per mancanza di alternative. La prospettiva non può essere solo l’accoglienza, ma anche l’accompagnamento a forme di reinserimento e, spesso, di inserimento sociale, attraverso attività lavorative anche di utilità sociale e la possibilità di accedere a un reddito".
Il CNCA sta inoltre attuando iniziative concrete come l’apertura di nuovi spazi di accoglienza per detenuti; l’accompagnamento delle persone nei percorsi di reinserimento sociale; la condivisione di pratiche di giustizia riparativa, mirata alla costruzione di comunità territoriali più aperte e solidali.