Dibattito a sinistra sul tema che fa vincere o perdere le elezioni e in un PD confuso Penati traccia il solco law and order
270 violenze sessuali, 96.069 furti, 3476 rapine. Sono i numeri della Prefettura di Milano relativi alla sola città per il 2007.
Secondo dato: immigrazione.
In Lombardia un cittadino su dieci non è italiano. A Milano, uno su sei. 938mila immigrati e 130mila clandestini. Dati dell’ultimo rapporto Ismu relativi alla regione Lombardia.
Terzo dato: il nesso.
Circa il 35% dei reati in Italia sono commessi da stranieri, con i romeni al primo posto. E sono soprattutto i clandestini a delinquere, mentre tra gli immigrati regolari il tasso di criminalità è in media con quello degli italiani. Dati del Viminale.
Sembra proprio che tra criminalità e immigrazione ci sia un nesso inequivocabile.
E non passa giorno senza che venga evocata lei, la sicurezza: tematica politica per eccellenza, chiamata in causa da politici, religiosi, operatori, mass media. Fa binomio con legalità, sgomberi, rimpatri coatti, schedatura dei Rom.
A Milano Sindaco e vice Sindaco non perdono occasione per batter chiodo su “uno dei temi più sentiti dai cittadini, che ha pesato tantissimo sul voto nazionale”: tra City Angels, Blue berets e altre strane patologie derivate dalla psicosi dell’immigrato, da mesi ormai non si parla d’altro. E se i toni si alzano, mentre Maroni vuole prendere le impronte ai rom e l’UE ci mette in allerta contro le discriminazioni su base etnica, guai a tirarsi indietro.
Lo sa bene il presidente della Provincia Penati che, dopo essersi dichiarato favorevole all’utilizzo delle forze militari in città, fa a gara con il centrodestra nel dimostrare il pugno di ferro contro i Rom. Non per altro, ma “se si è stanziali bisogna integrarsi e se ci si muove si possono prevedere zone temporanee, ma se i campi diventano delle bidonville, questa non è la soluzione dei problemi”. Meglio il rimpatrio, a parte il dettaglio che rimpatriare dei cittadini comunitari sembra qualcosa di poco definitivo.
Forse è il caso di parlarne. E’ successo anche nell’incontro di venerdì 27 giugno “La sicurezza nella città infinita”, organizzato da un confuso PD che s’interroga eternamente sul da farsi.
Don Colmegna, ospite insieme a Valerio Onida e Filippo Penati, si appella al concetto di “sicurezza” come categoria complessa, e in quanto tale da recuperare e mettere al riparo dalle banalizzazioni. “Ho la sensazione –dice– che questo tema venga utilizzato come grimaldello simbolico per recuperare consensi”. Più che un legittimo dubbio, una quasi certezza, dato che sulla sicurezza si è basata (e vinta?) una campagna elettorale nazionale.
Tornando a Milano, Don Colmegna incalza, criticando l’inopportuna sovrapposizione tra sicurezza e legalità, e sottolinea che a Milano il 10% dei cittadini usa sostanze stupefacenti. Altro che cultura della legalità. Bisogna piuttosto stare sul territorio, in mezzo alle persone: la potenzialità di risolvere i problemi c’è, ad esempio attorno a Milano ci sono un sacco di cascine... In ogni caso, la politica non deve perdere i valori minimi.
Ma Penati sembra pensare piuttosto che la (sua) politica non deve perdere e basta. “Con Don Colmegna dissentire è complicato, perché il lavoro che sta facendo prende il tema dello straniero dalla parte più spinosa” dice. “Però noi abbiamo tra qualche mese la necessità di fare una campagna elettorale, e la politica si deve occupare dei problemi della realtà che deve governare: siamo di fronte ad un dato innegabile sulla criminalità al centro/nord legata all’immigrazione clandestina”.
Il dato viene dal Vicinale (vedi sopra), dice Penati, che viene contestato e ribatte: “Se iniziamo a discutere sulla fonte di un dato non so più come faremo il volantino, altro che il programma”. In effetti, su questo più che su altri temi si avverte un po’ di confusione interna al partito. Ma Penati sembra sicuro: “Sul decreto sicurezza di Maroni abbiamo avuto un atteggiamento ondivago. La politica del centrosinistra deve rimontare su quella cosa lì”.
“La destra attacca i bambini rom e noi allora difendiamo tutti i rom. La destra chiede il reato di clandestinità e allora noi difendiamo tutti i clandestini. Non si può rincorrere la destra su certi temi, non si può parlare solo di altro”.
E’ sempre lui, quel Penati che poche settimane fa dichiarava “E’ una notizia positiva quella dell’impegno di 2.500 militari che saranno messi a disposizione per attività legate alla sicurezza nelle Città Metropolitane”. Ma da quando le politiche di sicurezza non hanno altra alternativa che l’esercito?
Così sembra. Come sembrava, appena chiuse le urne il 14 aprile scorso che buona parte dei voti della sinistra fossero passati alla Lega Nord, o almeno è questo quello che si è cercato di far intendere da più parti. Ma lo studio approfondito dei flussi elettorali rivela che la Sinistra Arcobaleno ha perso voti verso il Partito Democratico e l’area dell’astensione, mentre la Lega Nord li ha guadagnati da Forza Italia e Alleanza Nazionale. Quindi no, nessun travaso diretto di voti dovuto al panico da immigrazione.
Sicurezza: dal latino “sine cura”, senza preoccupazione.
La conoscenza che l’evoluzione di un sistema non produrrà stati indesiderati. In termini più semplici, sapere che quello che faremo non provocherà dei danni.
Ma il concetto di sicurezza che si è diffuso nel nostro paese e nella nostra città non corrisponde esattamente a questo, e dei danni li sta già provocando.
Si ragiona in termini di inclusi ed esclusi, in nome di un’idea di sicurezza identitaria a detrimento degli ‘altri’, in totale assenza del concetto di legame sociale: un vuoto culturale che la politica, compresa quella di centrosinistra, sembra deliberatamente intenzionata a non colmare.
Antiniska Pozzi