Un anno fa scoppiava lo scandalo della Clinica di via Catalani. Da allora poco è cambiato nel sistema sanitario lombardo

Molti gli interventi e le testimonianze: da Giuseppe Landonio, consigliere comunale del pd e coordinatore dell’incontro, a Giuliano Pisapia avvocato della parte civile del caso Santa Rita; da Antonio Marchini, segretario provinciale della Cgil ai consiglieri regionali Luciano Muhlbauer, Marco Cipriano e Ardemia Oriani; dal giornalista Gianni Barbacetto al medico Gianni Spada, ex dipendente della clinica.
Politica, informazione, legge e medicina: da qualsiasi prospettiva la si guardi, la vicenda Santa Rita sembra non aver prodotto i cambiamenti auspicati all’indomani del cataclisma mediatico-giudiziario.
La clinica privata, rinominata di recente “Istituto clinico Città Studi”, ha cambiato direzione generale ma è ancora di proprietà di Francesco Pipitone, il notaio che, secondo intercettazioni e testimonianze, sarebbe stato al corrente delle nefandezze che avvenivano in sala operatoria. Non esistono più i reparti di neurochirurgia e chirurgia toracica -quelli al centro dell’indagine- ma le strutture sono rimaste tali e quali nonostante le questioni legate alla sicurezza.
Al di là del caso specifico, il sistema sanitario lombardo non ha subito particolari correzioni.
Diversi i punti su cui tutti i relatori sono stati d’accordo.
Primo: il sistema dei controlli.
Non è sufficiente portare la percentuale dei controlli delle cartelle cliniche dal 5 al 10% come è stato fatto; oltre ad essere quasi sempre preannunciati, i controlli vengono effettuati sulla congruità tra cartelle e rimborsi spese e non sull’appropriatezza delle cure somministrate al paziente.
Secondo il giurista Giuliano Pisapia e il segretario Cgil Marchini, sarebbe fondamentale l’istituzione di un organismo terzo a garanzia del sistema. “Non può esserci un rapporto diretto tra controllori e controllati –ha detto Pisapia- Le Asl sono troppo legate sia al mondo politico che all’ordine dei medici. E’ necessaria viceversa la piena autonomia di chi si assume la responsabilità di stabilire la legittimità degli interventi”.
E d’altra parte, è stato ricordato, se si fosse fatto anche una semplice analisi incrociata delle prestazioni e quindi dei rimborsi della Santa Rita nell’arco di pochi anni, si sarebbe notato un incremento esponenziale e assolutamente anomalo dei dati rispetto agli altri ospedali.
Secondo punto al centro del dibattito l’equiparazione tra pubblico e privato.
Il sistema pubblico dovrebbe avere la precedenza, rappresentare il perno del sistema sanitario. Detto questo, il privato dovrebbe garantire gli stessi servizi del pubblico, e osservare il contratto di lavoro nazionale per i propri dipendenti. Il modello di pagamento “a cottimo” non giustifica certo la condotta disumana di medici che per lucrare avrebbero sottoposto i pazienti ad interventi inutili, ma non è nemmeno il sistema ideale per incoraggiare l’operato di medici e infermieri volenterosi.
Terza questione, le sanzioni per chi commette irregolarità: andrebbero drasticamente inasprite. Secondo la recente delibera regionale, invece, si è semplicemente stabilito che i proventi andranno alle Asl. Non si arriva mai alla revoca dell’accreditamento né alla sanzione amministrativa, se non in casi del tutto eccezionali come per la Santa Rita.
Quarto: il circuito politico-affaristico che ruota attorno alla Sanità.
“C’è un favoreggiamento sistematico del sistema privato in Lombardia -ha denunciato in consigliere regionale Luciano Muhlbauer-. Nella nostra regione, più che nel resto d’Italia, esiste un gruppo di pressione, Comunione e Liberazione, che spinge per l’affermazione e supremazia dei privati”.
E a proposito di affari, non è un caso, secondo Barbacetto, se l’informazione non si occupa dei grandi proprietari di cliniche private.
“Rotelli ha in mano mezza sanità privata lombarda, ma è anche uno degli azionisti del Corriere della Sera. Quando saltano fuori indagini giudiziarie che lo riguardano l’informazione non se ne occupa.” .
E proprio nel giorno in cui da Montecitorio è arrivato il “via libera” al giro di vite sulle intercettazioni, il giornalista ha ricordato come, senza questo prezioso strumento di indagini, oggi nessuno saprebbe nulla di quanto avveniva nella “macelleria” di via Catalani.
Giulia Cusumano