Il Rapporto sulla città dell’Ambrosianeum, edizione 2011: dentro la crisi (e oltre)

Il punto di partenza, recita lo studio, è rappresentato da alcune domande: “Chi più ha pagato e sta ancora pagando gli effetti negativi della crisi? Quali fasce, quali categorie della popolazione sono state le più coinvolte? Dove restano le “ferite”, le situazioni di disagio più grave? Dove quindi, più che altrove, occorre indirizzare risorse e progettualità innovative? Quali però anche i segni di tenuta e di orientamento positivo verso il futuro?”. Senz’altro, tra i nodi critici con cui la città si è confrontata e continua a confrontarsi, ci sono la disoccupazione e le nuove condizioni di lavoro; poi i milanesi a rischio povertà, che sono in crescita, e le difficoltà abitative. Evidentemente questi nodi sono tutti interconnessi tra loro.
Una delle partite principali si gioca dunque sul campo del lavoro (si è passati dal 3,8% al 6,2% di disoccupazione dal 2008 al terzo trimestre del 2010), non solo in termini di incremento dell’occupazione ma anche di difesa della sua qualità, a partire da un ripensamento della flessibilità, proprio con riguardo ai giovani e al capitale umano che rappresentano, e alla componente femminile, per la quale si è registrato un calo del tasso di attività dovuto a ragioni abbastanza evidenti (difficoltà di conciliazione famiglia-lavoro e scoraggiamento da parte del mercato attuale del lavoro).
Le donne, i giovani e gli immigrati sono dunque, le categorie che più di altre hanno pagato le conseguenze della crisi: “Questo sistema spesso ha considerato queste categorie come “sfruttabili” – ha evidenziato Magatti - È un nodo di sviluppo e occorre rivedere intere parti del sistema sociale, soprattutto per le donne. In un paese come l'Italia, con prospettive di vita di anzianità, con alto debito pubblico e bassa produzione, dobbiamo ringraziare che siano arrivati gli immigrati o gli equilibri demografici sarebbero già caduti”.
Come è evidenziato dal Rapporto, cresce la stima della popolazione milanese in povertà assoluta (135 mila persone, il 10,3%). E il fenomeno colpisce soprattutto stranieri, famiglie in cui sono presenti figli minori e famiglie monogenitore. E benché l’ingresso nella condizione di povertà sia segnato da una pluralità di cause, il lavoro è sempre più spesso al primo posto.
Tra i profili di povertà a Milano si registarno i seguenti dati: il 74,5% degli assistiti è straniero (molto più che nel resto della Regione); il 42,4% degli enti dichiara come tipologia familiare prevalente le coppie con figli minori, e un 28,8% le famiglie monogenitore con figli; ai primi posti le povertà generate da perdita di lavoro (così per il 73,7% degli enti) e quelle causate da reddito insufficiente ai bisogni familiari (75,7%). Seguono i problemi di ordine psichico e sociale e quelli abitativi.
Accanto a questi segnali negativi ci sono tuttavia condizioni di speranza: la fiducia dei giovani, che continuano a investire nello studio e nella città; il risveglio di una partecipazione diffusa, che pone nuovi basi nel rapporto società civile e governo locale e che, come ha ricordato Garzonio, ha dato un segnale forte proprio con gli ultimi referendum; una creatività sociale crescente.
“Credo che questo sia un momento di vera emergenza in cui bisogna anche inventarsi nuove soluzioni – ha dichiarato il vicesindaco Maria Grazia Guida – Ambrosianeum può aiutare a indagare e indicare possibili vie. I temi presentati oggi sono all'ordine del giorno non solo dell'amministrazione ma sono dei temi personali che hanno spinto qualcuno di noi a presentarsi in prima persona. Come amministrazione dobbiamo pensare a un modello di efficienza e efficacia che parta dal lavoro e dall'accoglienza, usando al massimo l'innovazione. E importantissimi i processi partecipativi, a partire dal territorio”.
Così, tra le conclusioni dello studio presentato, c’è la presa di coscienza che l’esperienza della crisi a Milano può essere vista quale laboratorio non solo di analisi, ma anche di pensiero e di sperimentazione: “un’opportunità per individuare, tra le difficoltà e le prove, la “porta stretta” che aiuti a scorgere un modo nuovo di pensare la città, il suo modello di welfare, il suo futuro per un’altra Milano: una Milano nella quale la stessa idea di sviluppo esige di essere ripensata e riformulata”.
Anche perché, come ha spiegato Magatti, “In un paese con prospettive complicate, se non ce la fa Milano è difficile che ci possa riuscire qualcun'altro. La città milanese ha una responsabilità di guida. Occorre che il modello dell'organizzazione di Ambrosianeum, liberale e sociale, diventi da esempio: liberale perchè si da importanza alla concorrenza e al libero mercato e sociale perchè se lo sviluppo non è di tutta la comunità, allora non esiste”.
Antiniska Pozzi