Il Sindaco fa capire che il suo interim sulla poltrona che fu di Sgarbi durerà, ma Milano ha bisogno di una vera politica culturale

Più che una repentina passione per la poltrona che fu di Sgarbi, l’atteggiamento del Sindaco sembra dettato dall’esigenza di sottrarre la nomina del nuovo Assessore alla cultura ad una possibile, quanto certamente rischiosa, contrattazione con quei settori della maggioranza che vogliono un rimpasto di Giunta.
Meglio quindi temporeggiare, far decantare le ambizioni dei molti Consiglieri di maggioranza –soprattutto di Forza Italia– che ambiscono ad una poltrona nella Giunta e soprattutto attendere la fine di giugno quando si capirà finalmente chi guiderà la macchina che condurrà Milano all’Esposizione universale del 2015.
In questo momento la poltrona che fu del vulcanico critico d’arte è una carta in mano al Sindaco. La giocherà al momento opportuno. Dall’altra parte del tavolo c’è il Presidente Formigoni che, appena ieri (28 maggio) a margine di un incontro con il Presidente del Land tedesco della Pomerania, ha ribadito che per l’Expo è necessario “un punto di collegamento e di decisione su tutti i temi che ci sono in Lombardia. Teniamo presente, parlando dell'Expo, che è un evento che riguarderà tutto il territorio della Lombardia non soltanto la città di Milano.”
Più chiaro di così.
L’incertezza però non riguarda solo l’esito della gara tra gli inquilini di Palazzo Marino e del Pirellone –anche se il Sindaco al momento sembra nettamente favorito sul Governatore–, ma anche il destino delle politiche culturali all’ombra della Madonnina.
Il Sindaco ha tenuto per sé fin dal proprio insediamento deleghe assai pesanti come quelle al demanio, al bilancio e alle aziende partecipate; l’interim alla cultura non solo andrebbe ad accrescerne ulteriormente potere e competenze, ma rimetterebbe in un cono d’ombra la necessità di una politica culturale degna di questo nome.
Dopo il decennio di torpore che ha caratterizzato i due mandati di Albertini, si è pensato di segnare una svolta con Vittorio Sgarbi. Nei fatti, al di là delle intemperanze e delle provocazioni del critico, in quasi due anni si è visto poco.
Milano non è riuscita a fare quel salto di qualità nelle politiche culturali che caratterizza le grandi metropoli: fare sistema, creare grandi eventi di risonanza internazionale, incubare l’innovazione nei campi della creatività artistica –e non solo del design applicato– capace di trainare l’economia della conoscenza.
Milano non ha una grande rassegna cinematografica, non ha una fiera del libro pur essendo la capitale nazionale dell’editoria, non ospita eventi rilevanti nell’ambito del multimediale pur essendo la capitale produttiva di questo settore, non è riuscita a concepire eventi come i diversi festival tematici –quello dell’economia di Trento, della letteratura di Mantova, della filosofia a Modena– pur avendo ben nove atenei.
Le eccellenze come il Piccolo o la Scala brillano di luce propria ma sembrano essere spille di diamanti su un vestito liso. Per il resto si marcia di repertorio, di mostre facili, di rassegne un po’ trite.
Il Sindaco avrà pure scoperto la passione per il ruolo di Assessore alla cultura. Ma forse serve di più e subito.
Beniamino Piantieri