A tre mesi dalla “rivolta” cinese i cittadini attendono...

Quali erano le contraddizioni? Le stesse di oggi.
Ce le spiega, a bocce ferme, il presidente dell'associazione viviSarpi, Pier Franco Lionetto ( Ascolta l'intervista).
La contraddizione è una e sostanzialmente unica: il quartiere Bramante-Sarpi-Canonica non è adeguato a sostenere l'attività all'ingrosso svolta dalla miriade di esercizi cinesi sorti e proliferati nell'area negli ultimi anni.
Il nodo della questione non è il tipo di attività né la comune origine etnica degli operatori. I cittadini residenti ci tengono a precisare che le loro rivendicazioni non sono rivolte contro la comunità cinese in sè. È la natura prettamente “stocchistica” di oltre 500 attività commerciali a creare il problema di vivibilità che da tempo rilevano insieme alla mancanza di un piano progettuale che si assuma il compito e la responsabilità del governo del territorio nonostante i proclami elettorali.
Centinaia di negozi-magazzino rendono di fatto il quartiere un punto di snodo logistico per lo smistamento delle merci, con tutte le conseguenze viabilistiche, pedonali e veicolari (come testimonia la nostra videoinchiesta) e di inquinamento. L'intensa, frenetica attività che i molti cinesi si impegnano a condurre quotidianamente, proprio per la particolare natura, provoca l'affollamento dei marciapiedi, invasi da un andirivieni incessante di “carrellini” che rendono i percorsi pedonali difficoltosi e rischiosi. Per non parlare dei camion e dei furgoni che sostano in posizioni di fortuna per svolgere le operazioni di carico e scarico, e tutto l'indotto commerciale connesso a questa presenza (sono molti gli ambulanti italiani che fanno affari con la comunità dei commercianti cinesi), con gravi ripercussioni sulla viabilità della zona, che com'è noto ha una struttura urbanistica determinata da vie relativamente anguste e incroci decisamente limitati.
Tutto questo, spiega ancora il Presidente dell’Associazione ViviSarpi, “ha di fatto modificato la natura residenziale e commerciale (vendita al dettaglio) che era propria del quartiere.”
Le istituzioni si sono mosse per il momento in due direzioni possibili, ma che, inutile a dirsi, devono essere integrate come soluzioni complementari. Una di queste, forse prioritaria, prevede la delocalizzazione dell'attività legata allo stoccaggio e allo smistamento delle merci. In questa direzione è in essere una trattativa estremamente delicata e che si preannuncia lunga e difficoltosa. In questo senso si è mossa la Regione come mediatore superiore tra il Comune e la rappresentanza cinese.
L'altra che presa singolarmente sarebbe insufficiente e comporterebbe il rischio di generare nuove tensioni, è condotta dal Comune nella persona del Vicesindaco On. De Corato che, venendo incontro alle richieste dei cittadini residenti, prospetta la pedonalizzazione di via Sarpi e un controllo più rigoroso delle norme che regolano gli orari di carico e scarico.
Inutile dire che una pressione volta a limitare l'esercizio delle attività presenti verrebbe percepita come repressiva. Del resto non si può pensare che con un atto di forza si risolva una situazione talmente complessa che si è contribuito a creare per mancanza di progettualità.
I tavoli per le trattative sono aperti, c'è una disponibilità di principio da parte della Comunità cinese, che però pone condizioni restrittive. Manca ancora un documento condiviso e contrassegnato sulle possibili soluzioni; una mancanza che certo non vincola le aperture di massima a volontà definite, e lascia molti dubbi sulla capacità di mediazione che in questo momento sta impegnando Comune e Regione.
Intanto i residenti attendono, vorrebbero quanto meno essere aggiornati sull’andamento della trattativa, ma il vice Sindaco ha detto chiaramente che se i cittadini faranno ancora pressione si assumeranno la responsabilità del fallimento della mediazione.
Fabio Davite