Nessun offerta per le aree post Expo: per vendere si valuta se consentire più costruzioni
Una delle poche certezze che ormai si possono avere su Expo è che le previsioni negative sembrano avverarsi con preoccupante regolarità. Non bastassero i ritardi, le inchieste della magistratura, le polemiche sulle opere inutili che saranno realizzate a dispetto di ogni logica e di quelle utili che rimarranno sulla carta, ad aggiungersi alla lista della "legge di Murphy" applicata all'Esposizione universale c'è il destino delle aree Expo una volta che saranno smantellati i padiglioni. |
Come avevamo scritto un masse fa la nuova minaccia che grava su Expo non riguarda tanto i sei mesi della manifestazione, quanto gli anni a venire.
A otto giorni dalla scadenza dei termini per presentare le offerte di acquisizione del milione circa di metri quadrati dell'area non è arriva ancora alcuna offerta e l'umore prevalente ai piani alti della società Expo volge al pessimismo: è assai improbabile che entro il 15 novembre si materializzi qualche possibile acquirente.
In queste ore si sta cercando una exit strategy. Le ipotesi sul tavolo vanno da un rinvio della data di scadenza per la presentazione della offerte ad una revisione dell'accordo quadro per il futuro dell'area con una consistente limatura al ribasso -come avevamo anticipato quattro settimane fa- dei limiti previsti per il cemento.
Allo stato dell'arte la seconda ipotesi sembra essere la più probabile, con buona pace delle promesse sul futuro verde dell'area Expo a manifestazione conclusa.
Attualmente, infatti, circa il 45% dell'area, una volta terminata l'Esposizione universale, dovrebbe essere destinata a verde: forse troppo pochi per chi sognava un'eredità sostenibile di Expo, sicuramente troppi per gli operatori immobiliari che, complice la crisi profonda del settore edilizio, stanno alla finestra e aspettano la corda delle banche si stringa attorno al collo di Arexpo, la società (costituita da Regione Lombardia per il 34,67%, dal Comune di Milano per un altro 34,67%, da Fondazione Fiera per il 27,66%, Provincia di Milano per il 2% e Comune di Rho per l'1%) che ha acquistato i terreni nel 2011 per 150 milioni di euro.
Entro la fine dell'anno Arexpo dovrà dare garanzie alle banche per il prestito ricevuto per comprare i terreni.
Originariamente la società aveva preventivato di ricavare tra 346 e 366 milioni di euro dalla vendita delle aree. A giugno aveva tagliato di oltre 30 milioni di euro la base d'asta portandola a 315 milioni, ciò non è bastato a smuovere l'interesse di potenziali compratori.
Il segnale è che non ci saranno offerte per un'area che prevede la possibilità di edificare "solo" 480.000 metri quadrati su circa un milione.
A gravare sulle spalle dei soci di Arexpo non ci sono solo i soldi da restituire alle banche ma anche i costi sostenuti per l'infrastrutturazione dell'area. La base d'asta rivista a giugno permetteva appena di uscire dall'intera operazione in pareggio. E' evidente, quindi, che l'unica soluzione cui sarà costretta la società sarà quella di rivedere, al ribasso, l'intero accordo quadro che ha dato origine all'intera operazione che, nelle intenzioni, avrebbe dovuto essere un affare e che rischia concretamente di essere comunque una dèbacle.
Beniamino Piantieri