Finalmente un libro racconta la Milano degli ultimi anni, inquinata, depredata e stanca

Sembra sia difficile raccontare Milano, la sua storia recente, le trasformazioni profonde che l’hanno attraversata nel corso degli ultimi anni, le ansie dei suoi cittadini, i ritardi della sua classe politica. Scorrendo gli scaffali delle librerie è possibile imbattersi in volumi di carattere settoriale, in ricerche specialistiche molto stimolanti come i recenti “Milano: cronache dell’abitare”, curato dal collettivo di ricerca Multiplicity.lab guidato da Stefano Boeri o “Milano.
A colmare questo vuoto è arrivato in libreria, edito dalla Rizzoli, “Milano da morire” scritto da due cronisti di vaglia come Luigi Offeddu –inviato speciale del Corriere della Sera– e Ferruccio Sansa –per anni inviato di Repubblica e oggi al Secolo XIX–.
In oltre 550 pagine Offeddu e Sansa cercano, riuscendoci, di raccontare cosa è stata Milano negli ultimi anni. Dall’affaire parcheggi agli inquietanti curricula dei nuovi consulenti di Palazzo Marino, dall’inquinamento all’emergenza casa, dalla privatizzazione dell’AEM alla speculazione edilizia, dai grandi progetti sempre rimasti sulla carta ad una sanità non così efficiente come dai Palazzi si vorrebbe far credere.
Un quadro a tutto tondo, fosco e indignato quanto documentato, di una città difficile e faticosa per i suoi abitanti, ma che diviene una vera e propria manna per i pochi, spesso i soliti, che riescono a spremerne il succo.
Una città ufficio-passerella-sportello, da cui ogni venerdì scappano a centinaia di migliaia, come i due autori descrivono nell’introduzione, spettatori al casello della Milano-mare dell’esodo del week-end. Come se all’ombra della Madonnina non si potesse far altro che lavorare, possibilmente in apnea.
“Milano da morire” è uno di quei libri che se si ha a cuore una città e una comunità, si spera non debbano mai essere scritti. Eppure è un libro necessario.
Un quadro fosco, come dicevamo, non solo per le polveri sottili, ma anche per il quadro sconsolante di una classe politica che, seguendo il filo delle pagine, sembra non avere un progetto strategico per la città, incapace di ritrovare una vocazione collettiva per una comunità “stanca” che però secondo Offeddu e Sansa “non si è ancora arresa”.
Noi ce lo auguriamo, come ci auguriamo che molti milanesi provino a specchiarsi in queste pagine e soprattutto vi si specchi la classe politica meneghina.
Ettore Pareti