Un tormentone che dura da troppo tempo e che non si risolve anticipando di mezz’ora la chiusura dei locali

Dalla chiusura del Parco delle Basiliche al transennamento delle Colonne negli ultimi anni si è proceduto di recinzione in recinzione arrivando –quanto inconsapevolmente?– alla concentrazione della cosiddetta movida in uno spazio sempre più ristretto con il conseguente aumento della densità di presenze, rumore e disagi.
A fronte del sacrosanto diritto alla quiete per i residenti si contrappone il diritto allo svago. In mezzo sembra non esserci spazio per terze vie. Eppure sono proprio queste terze vie –intese come soluzioni– che chi amministra una città deve trovare, attraverso uno sforzo di organizzazione dei tempi e della città, di garanzia del rispetto delle regole, ma anche di ripensamento di un offerta di luoghi di socialità e svago che possa far superare uno stallo durato sin troppo.
La chiusura a raffica, poi, di molti locali dove si faceva musica dal vivo portata avanti dalla Giunta di centrodestra nell’ultimo anno del proprio mandato ha fatto il resto.
È indicativo che migliaia di ragazzi si ritrovino in uno dei pochi “luoghi” rimasti in una città fatta sempre più di “non luoghi”, eppure la fruizione bulimica di questo pezzo di Milano dimostra che il problema non si risolve con transenne, cancellate, pattuglie di polizia e ordinanze.
Uno dei temi della passata campagna elettorale è stato il ritorno ad un senso condiviso dello spazio pubblico e l’uscita dalle logiche della paura e dell’emergenza.
Ripartire da qui, costruendo in modo partecipato una nuova idea di città dove ci si possa incontrare e divertire senza cannibalizzare un luogo e il diritto degli altri cittadini, è la sfida per uscire da quella che sembra una contraddizione insanabile che non verrà certamente risolta dalla della limatura degli orari di chiusura dei locali.